Un importante studio pubblicato sul New England Journal of Medicine indica che l’impatto della colonscopia sulla riduzione della mortalità sarebbe minimo
La colonscopia è probabilmente la procedura di screening più fastidiosa e meno accettata dalla popolazione, e ora scopriamo che potrebbe non essere tanto utile come si pensava. Un importante studio guidato da Michael Bretthauer, un gastroenterologo dell’ospedale universitario di Oslo, mette in discussione l’efficacia dello screening per il cancro al colonretto eseguito con la colonscopia. I risultati, pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine, indicano che l’impatto della colonscopia sulla riduzione della mortalità sarebbe minimo. Una conclusione, questa, subito contestata dall’American Cancer Society.
Lo studio è stato condotto su circa 85mila persone arruolate in Polonia, Norvegia, Svezia, Olanda, analizzando l’efficacia dello screening con la colonscopia. L’analisi dei dati effettuata a 10 anni ha rilevato che nel gruppo di persone invitate a eseguire il test si registrava un calo del 18% del rischio di ammalarsi di cancro del colon, di circa il 10% della mortalità per questa neoplasia e nessuna riduzione della mortalità generale. «Non è la bacchetta magica che pensavamo fosse», dice Bretthauer. «Questo è uno studio fondamentale», commenta Samir Gupta, gastroenterologo dell’Università della California, San Diego, che non è stato coinvolto nella ricerca. «Penso che tutti ci aspettassimo che la colonscopia andasse meglio. Forse la colonscopia non è così buona come abbiamo sempre pensato», aggiunge.
Tuttavia, lo studio presenta dei limiti che non possono essere ignorati. Gran parte dello scarso successo deriva dalla bassa percentuale di adesione allo screening: appena il 42% ha risposto positivamente all’invito. Se si estendessero a tutti gli invitati i risultati ottenuti in chi ha effettivamente partecipato allo screening si registrerebbe una riduzione del rischio di cancro al colon di oltre il 30% e un dimezzamento della mortalità. «È difficile conoscere il valore di un test di screening quando la maggior parte delle persone nello studio non vi si è sottoposto», ha commentato in una nota William Dahut, Chief Scientific Officer dell’American Cancer Society.
Non è però l’unica lacuna nello studio segnalato dall’associazione americana che, tra le altre cose, ha fatto notare che 10 anni non bastano per osservare vantaggi in una neoplasia che ha tempi di sviluppo molto lunghi; l’aver escluso gli under 55 dallo screening, inoltre, ha tagliato fuori una popolazione – quella compresa tra 45 e 55 anni – in cui il cancro al colon ha un impatto crescente.
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