Restano da individuare tipologia e posologia del farmaco eutanasico. Gallo (Coscioni): «Forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco che, in base alle condizioni di Mario, risulterà più idoneo»
«Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni». Sono queste le parole di un uomo di 43 anni che, dopo aver trascorso gli ultimi 10 immobilizzato e 14 mesi tra commissioni mediche e aule di tribunale, ha ottenuto l’accesso al suicidio assistito in Italia.
Per raccontare la sua storia ha scelto di chiamarsi Mario, un nome di fantasia. Ha 43 anni e vive in piccolo paese delle Marche. Nel 2010 è stato vittima di un grave incidente stradale che gli ha causato la frattura della colonna vertebrale e la lesione del midollo spinale. Le sue condizioni sono irreversibili: Mario è tetraplegico e soffre di altre gravi patologie.
Mario aveva già deciso di andare in Svizzera per accedere alla morte assistita. È stata la Sentenza Cappato-Dj Fabo a fermarlo: voleva provare a far valere i suoi diritti senza lasciare l’Italia. Così ha scritto alla sua Asl, chiedendo che la commissione medica verificasse la sussistenza delle condizioni di non punibilità dell’aiuto al suicidio assistito poste dalla Corte Costituzionale nella sentenza emanata nel 2019, a seguito del caso del dj Fabo.
L’Asl ha negato la richiesta di Mario. Ma l’uomo non si è perso d’animo ed ha deciso di chiedere un aiuto legale all’Associazione Luca Coscioni.
Mario, assistito dagli avvocati del Comitato dei giuristi per le libertà dell’Associazione Luca Coscioni, ha portato la Asl in Tribunale per ottenere un’ordinanza volta a veder rispettato quanto previsto dalla sentenza Cappato-Dj Fabo della Corte Costituzionale.
Solo dopo due sentenze del Tribunale di Ancona, due diffide legali all’ASUR Marche, Mario ha ottenuto il parere richiesto. «Il comitato etico – spiega Filomena Gallo, codifensore di Mario e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni – ha esaminato la relazione dei medici che, nelle scorse settimane, hanno attestato la presenza delle 4 condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Capato-Dj Fabo. Ovvero, Mario è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili, è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda. È molto grave che ci sia voluto tanto tempo – sottolinea Gallo -, ma finalmente, per la prima volta in Italia, un Comitato etico ha confermato l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito per una persona malata».
Affinché Mario possa veder realizzato il suo desiderio, manca ancora un ultimo tassello: la definizione del processo di somministrazione del farmaco eutanasico. «Su indicazione di Mario – continua Gallo -, forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco più idoneo, in base alle condizioni di Mario. La sentenza della Corte Costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità previo parere del comitato etico territorialmente competente».
Non è chiaro quanto tempo ci vorrà affinché quest’ultimo passo sia compiuto. Ma un dato è certo: dalla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale che ha “legalizzato” il suicidio assistito sono trascorsi due anni. Eppure, finora, nessuno ne ha beneficiato. Mario sarà il primo, appunto.
«Questo perché – dice Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure. Mario è andato avanti grazie ai tribunali, rendendo così evidente lo scaricabarile in atto. Tale tortuoso percorso è anche dovuto alla paralisi del Parlamento – aggiunge Cappato – che, ancora, dopo tre anni dalla richiesta della Corte costituzionale non riesce a votare nemmeno una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza della Corte stessa».
Risultato? «Persone come Mario sono costrette a sostenere un calvario giudiziario, in aggiunta a quello fisico e psicologico dovuto dalla propria condizione. È possibile che la decisione del Comitato etico consentirà presto a Mario di ottenere ciò che chiede da 14 mesi. Ma è certo che per avere regole chiare, che vadano oltre la questione dell’aiuto al suicidio e regolino l’eutanasia in senso più ampio – conclude Cappato -, sarà necessario l’intervento del popolo italiano, con il referendum che depenalizza parzialmente il reato di omicidio del consenziente».
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