Un uso tempestivo dei nuovi antibiotici nei pazienti con il cancro potrebbe evitare fino a 1000 morti ogni anno nel nostro paese
Inefficaci nel trattamento delle infezioni, gli antibiotici appaiono armi sempre più «spuntate» nel far fronte ai patogeni più pericolosi. La resistenza agli antibiotici oggi preoccupa in particolare nei pazienti più fragili, come quelli oncologici, tra i più colpiti da infezioni ospedaliere resistenti ai farmaci a seguito di chemioterapia e di interventi legati alla malattia. Un paziente con tumore su 5 è ricoverato a causa di gravi infezioni, con una mortalità tre volte più alta rispetto al resto della popolazione: un terzo degli 11mila decessi per antibiotico-resistenza, registrati ogni anno in Italia, che rischia di vanificare i successi delle cure oncologiche e trent’anni di progressi nel trattamento del cancro. L’allarme arriva dai massimi infettivologi, riuniti a Torino oggi e domani, per il congresso internazionale «(R)EVOLUTIONS IN INFECTIOUS DISEASES Immunity and Pharmacology», co-organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini, l’Università di Torino, l’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino e l’Ospedale Cardinal Massaia di Asti.
L’evento che precede la Giornata europea degli antibiotici del 18 novembre che si inserisce nell’ambito della settimana mondiale della consapevolezza antimicrobica, promossa dal 17 al 24 novembre dall’Organizzazione Mondiale della Sanità insieme alla FAO e alla Word Organization for Animal Health. Al congresso gli esperti hanno reso noti i risultati di una review di 223 studi, condotta dall’Università del Texas Southwestern, pubblicata sulla rivista American Cancer Journal for Clinicians dell’American Cancer Society, che ha fatto il punto sull’antibiotico-resistenza nei pazienti oncologici e sulle strategie per contrastarla. «C’è un’emergenza nell’emergenza anche in Italia», dichiara Giovanni Di Perri, co-presiedente del Congresso e Ordinario di Malattie Infettive al Dipartimento di Scienze mediche dell’Università di Torino e direttore della Divisione Universitaria di Malattie infettive all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino. «Nonostante la corretta prevenzione in ambienti come day hospital e ambulatori infusionali, c’è nel nostro paese un trend in crescita di pazienti con cancro affetti da gravi infezioni ospedaliere, che hanno una mortalità con un rischio triplo di mortalità in questi malati già fragili», aggiunge l’esperto.
«Il più alto tasso di mortalità per antibiotico-resistenza nei pazienti oncologici, in particolare con neoplasie ematologiche, è correlato – specifica Di Perri – a diversi fattori di rischio. Innanzitutto per le ridotte difese dovute alla malattia stessa, alla compresenza di più malattie o indotte dalla chemioterapia, che può provocare una forte riduzione dei globuli bianchi. Inoltre i malati di cancro hanno un rischio aumentato per le più frequenti complicanze post-chirurgiche di interventi legati al tumore o perché costretti a degenze ospedaliere lunghe e ripetute e sottoposti a procedure medico-chirurgiche invasive, come ad esempio cateteri venosi centrali o biopsie. L’impatto sulla mortalità dell’antibiotico-resistenza in ambito oncologico è dirompente anche perché i malati di tumore sono più colpiti da infezioni gravi polmonari e delle vie urinarie, dovute soprattutto a patogeni come Klebsiaella Pneumoniae, Acinetobacter e Pseudomonas».
Cambiare passo per contrastare l’antibiotico-resistenza è dunque indispensabile per mettere in salvo la vita di almeno 1.000 pazienti con il cancro ogni anno ed evitare conseguenze disastrose sulla salute pubblica e sul sistema sanitario nazionale. «Negli ultimi decenni i progressi nelle cure oncologiche hanno fatto passi da gigante e salvato sempre più vite, rendendo però i malati di cancro più suscettibili al rischio di infezioni resistenti agli antibiotici, con un effetto paradosso – sottolinea Di Perri -. Se non adottiamo un uso competente, prioritario e tempestivo dei nuovi antibiotici già oggi disponibili, rischiamo di tornare decenni indietro nei tassi di mortalità del tumore e non perché sia la malattia oncologica ad uccidere i pazienti ma le infezioni antibiotico-resistenti».
Non basta solo somministrate l’antibiotico giusto, ma anche farlo nel momento giusto. «Se il trattamento antibiotico viene ritardato – spiega Di Perri – l’infezione progredisce, rendendo la guarigione lunga e difficile, con ripercussioni sulla cadenza dei cicli di chemioterapia, fino a una pericolosa paralisi delle cure oncologiche che comporta progressione della malattia, lunghi ricoveri, bassa qualità di vita del paziente e dei familiari, fino all’aumento del rischio di mortalità. Ma fornire l’antibiotico giusto al momento giusto è un processo complesso che deve affrontare barriere diverse ed è influenzato da fattori economici, normativi e sociali che si traducono in un accesso non tempestivo ai nuovi farmaci».
«Oggi sono già disponibili alcuni nuovi antibiotici efficaci contro i germi multiresistenti, ma il pronto accesso dei pazienti a questi nuovi trattamenti non è sempre facile», precisa Di Perri. «L’attuale politica di uso puramente limitato degli antibiotici recentemente approvati è di bassa prospettiva, non si è rivelata efficace e minaccia di compromettere il loro contributo e lo sviluppo di nuove opzioni. Chiaramente – continua – il destino di ogni antibiotico è quello di selezionare nel tempo i germi ad esso resistenti, ma se ben impiegato possono avere una vita prolungata che ci permette nel frattempo di sintetizzare nuove molecole che andranno a sostituire le vecchie. Un uso responsabile e tempestivo dei nuovi antibiotici – conclude – può migliorare la nostra efficienza nella lotta contro la minaccia dell’antibiotico-resistenza e contribuire a salvare la vita dei pazienti e a evitare conseguenze disastrose per il nostro sistema sanitario e per la salute pubblica».
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