Salute 10 Febbraio 2021 09:44

Tamponi antigenici rapidi, i pediatri di famiglia chiedono garanzie a Regione Lombardia e ATS

Missaglia (SIMPeF): «Disponibili ad applicare il protocollo se ATS mette a disposizione personale e logistica quando necessario»

di Federica Bosco
Tamponi antigenici rapidi, i pediatri di famiglia chiedono garanzie a Regione Lombardia e ATS

A una settimana di distanza dall’accordo raggiunto con le farmacie, l’assessore al Welfare e vicepresidente di Regione Lombardia Letizia Moratti replica con i pediatri di famiglia, che potranno effettuare tamponi antigenici rapidi nei propri studi. Un protocollo d’intesa stipulato lo scorso novembre, ma mai decollato, che Regione Lombardia ha rilanciato per il 2021 con un milione e cinquecento mila euro a copertura del costo delle attività previste.

Casi in aumento, ma asintomatici

I medici pediatri nella voce del segretario nazionale SiMPeF, Rinaldo Missaglia, chiedono garanzie di fattibilità. «I pediatri si rendono disponibili ad applicare il protocollo, ma non possono trascurare le carenze mostrate da ATS (Agenzie per la tutela della salute) – sottolinea Missaglia –. L’accordo era stato raggiunto lo scorso mese di novembre, ma il progetto non era partito in quanto mancavano alcuni elementi fondamentali».

Accordo sì, ma collaborazione attiva di ATS

Con il nuovo anno e il cambio ai vertici dell’assessorato al Welfare di Regione Lombardia la situazione sembra essersi sbloccata e i pediatri sono pronti a recepire il protocollo «a patto che ATS dia il proprio contributo – ribadisce a più riprese il segretario nazionale SIMPeF -. In questo momento i casi pediatrici stanno aumentando, ma la malattia è scarsamente sintomatica e non ha complicazioni gravi, il tracciamento con questi tamponi può quindi essere molto utile. Ciò che è fondamentale è la collaborazione attiva delle agenzie per la tutela della salute».

Locali e personale a supporto dei pediatri

Due gli interventi che Missaglia individua come fondamentali per la buona riuscita del progetto: «Innanzitutto le ATS dovrebbero mettere a disposizione i propri locali e le attrezzature per i medici che ne siano sprovvisti e poi garantire il personale infermieristico e di segretaria per la gestione del flusso. In quel caso il pediatra avrebbe il ruolo di prestatore d’opera non solo per i propri assistiti, ma per tutti i soggetti indicati dai dipartimenti. Un tracciamento di questo tipo potrebbe essere un valido aiuto per individuare la malattia e limitarne la diffusione», conclude.

 

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