In audizione al Senato, sia la Federazione degli Ordini dei Medici che quella degli Infermieri hanno presentato le loro idee per rispondere alla domanda di salute presente e futura del Paese
«Addio al ‘vecchio’ medico di famiglia, che visita da solo nel suo studio, armato di sfigmomanometro, fonedoscopio e della sua esperienza di clinico: la medicina territoriale del futuro si farà in team multiprofessionali». È questa la visione della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO), presentata in Audizione presso la Commissione Igiene e Sanità del Senato dal suo Presidente, Filippo Anelli. Anche la FNOPI (Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche) ha presentato le sue proposte: «Monitoraggio sull’attuazione del Decreto Rilancio per assunzioni e operatività dell’infermiere di famiglia/comunità; assunzioni di infermieri sul territorio; infermieri in farmacia per le vaccinazioni e nelle scuole per la sorveglianza necessaria».
«Appare necessario pensare ad una sanità territoriale “nuova”», che possa essere realmente «integrata da un punto di vista organizzativo sia al suo interno sia con le strutture ed equipe ospedaliere e che possa essere in grado di valorizzare le specificità di tutti i suoi attori, pur nelle diverse peculiarità, al fine di rispondere al crescente bisogno di salute della popolazione nel nostro Paese», afferma la Federazione. «L’organizzazione dovrà essere rafforzata rispetto alle modalità di lavoro più vicine alla realtà della popolazione, privilegiando un’integrazione tra le diverse figure professionali, più prossime per poter stabilire un reale rapporto fiduciario e che sia un riferimento diretto per i cittadini, definita nella sua unità di base che è quella del microteam».
«Il medico di medicina generale – continua Anelli – si rapporta con le altre figure professionali integrandosi con le loro specifiche competenze e autonomie. L’infermiere e l’assistente sanitario svolgono la funzione di “case manager” mentre al medico di medicina generale è attribuita la funzione di “clinical manager”. Tale funzione può essere svolta con efficacia con un approccio che veda la presenza dell’infermiere e dell’assistente sanitario come componenti di un microteam insieme al medico».
Lo specialista ambulatoriale interno, secondo la FNOMCeO, deve integrarsi «nel microteam, laddove possibile, in alcuni casi con presenze decentrate ambulatoriali e domiciliari, ordinariamente nei presidi territoriali, ma anche utilizzando gli strumenti di telemedicina, collaborando al telemonitoraggio e mettendo in campo una disponibilità non solo prestazionale, ma di presa in carico attraverso il rapporto continuativo “a tre” con il paziente e il suo medico di medicina generale», auspica ancora la FNOMCeO.
Per i pazienti cronici è stato proposto un modello organizzativo articolato in quattro aree di presa in carico, secondo la loro stratificazione statistico-epidemiologica. Altri target di intervento: la medicina scolastica che, «organizzata e gestita dai Medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, può essere presidio importante di prevenzione ed educazione sanitaria». E poi, la continuità assistenziale, che andrebbe estesa anche alle ore diurne; l’esperienza maturata dalle Usca; gli Ospedali di Comunità, gli Hospice, le Rsa; le equipe specialistiche multiprofessionali; la telemedicina. Infine, ma alla radice del tutto, la formazione e il necessario ricambio generazionale.
Per il rilancio e la riqualificazione completa della medicina e dell’assistenza territoriale nell’era post-Covid-19, la Federazione nazionale degli infermieri ha sottolineato quattro necessità prioritarie: l’avvio di un monitoraggio sull’attuazione delle previsioni del Decreto Rilancio per procedere velocemente con assunzioni e operatività dell’infermiere di famiglia/comunità in tutte le regioni; l’aumento delle assunzioni di infermieri sul territorio per migliorare l’attuale rapporto tra infermieri di famiglia e bacino d’utenza; la previsione dell’operatività degli infermieri in farmacia per le vaccinazioni; l’allocazione degli infermieri nelle scuole per la sorveglianza necessaria». Queste le proposte presentate dalla Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche nel corso dell’audizione al Senato.
«Le nuove caratteristiche epidemiologiche della popolazione – ha spiegato in audizione Nicola Draoli, componente del Comitato centrale della Federazione –, le nuove fragilità e in questo periodo la necessità di fare fronte alla pandemia Covid-19, richiedono un modello assistenziale orientato verso un’offerta territoriale, che valorizzi un approccio più focalizzato sulla vita quotidiana della persona».
Secondo Draoli è necessario anticipare i bisogni dei pazienti e seguirli in maniera continuativa lungo tutto il percorso assistenziale, con una sanità di iniziativa integrata con i servizi sociali e l’assistenza primaria deve essere distribuita all’interno di un sistema più ampio e articolato su più professionalità: «Per ottenere questi risultati – ha aggiunto – dovrebbe essere previsto un modello di rete territoriale, basato su competenze multidisciplinari che abbiano ognuna proprie responsabilità e autonomia di gestione della persona assistita, secondo le caratteristiche della professione svolta».
«L’emergenza legata a Covid-19 e l’assistenza in genere a cronici, non autosufficienti, anziani e fragili – ha aggiunto Draoli – ha mostrato la grave carenza presente oggi sul territorio dove in assenza di professionisti in grado di essere presenti h24 accanto ai malati, questi sono stati spesso lasciati soli o la loro condizione patologica è sfuggita ai controlli e comunque hanno dovuto ricorrere a forme improprie di assistenza rispetto quelle che un Servizio sanitario pubblico deve garantire ed erogare».
«La proposta di riforma della medicina territoriale presentata dalla FNOMCeO è sbagliata e non la condividiamo». Lo afferma il segretario nazionale della Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn, Andrea Filippi, motivando così il giudizio: «Perché il rapporto di lavoro convenzionato dei professionisti è in contrasto con qualsiasi programma serio di prossimità e di presa in carico multiprofessionale della cittadinanza».
Una proposta, prosegue il dirigente sindacale, «venuta fuori dal cilindro della FNOMCeO per adattare magicamente gli attuali rapporti di lavoro libero professionali in convenzione dei medici di medicina generale, con le profonde esigenze riorganizzative dell’assistenza territoriale; una proposta dalla quale scompare, sempre magicamente, la figura dello psicologo di comunità. Microteam multiprofessionali libero professionali: un assurdo anche linguistico che rappresenta la massima frammentazione del sistema e che rischia l’ingovernabilità a danno dei cittadini». Inoltre, continua, «grave che non si vogliano vedere i limiti della medicina generale e della specialistica ambulatoriale in convenzione, evidenziati nella drammatica situazione della pandemia in cui il rapporto privatistico degli studi dei medici convenzionati ha mostrato tutti i limiti nell’impossibilità di gestione e di coordinamento nella presa in carico precoce delle persone, ma anche nella tutela dei medici che in quanto liberi professionisti si sono ritrovati soli, senza protocolli, senza punti di riferimento e senza protezioni, abbandonati dal sistema».
La Fp Cgil, aggiunge Filippi, «ha chiaramente evidenziato nelle proposte messe in campo nella mobilitazione recentemente avviata che per riformare l’assistenza territoriale in una prospettiva di prossimità serve una profonda revisione delle cure primarie a partire dai rapporti di lavoro dei medici che devono rientrare in un perimetro di garanzia di diritti dei cittadini e di tutela del lavoratori». Per queste ragioni, Filippi conclude: «Intervenga il Ministero della Salute Speranza per ristabilire la correttezza delle relazioni sindacali a garanzia della rappresentanza di lavoratori e cittadini, auspichiamo che la politica distingua tra interessi di parte e interessi generali e che nella discussione sulla riorganizzazione della medicina territoriale al centro ci sia la qualità della cura e non la tutela di alcune rappresentanze corporative».
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