La telemedicina e l’assistenza sanitaria a distanza esistevano da ben prima dell’arrivo del Covid-19 ma si sono imposte come modalità fondamentali di trattamento dei pazienti proprio in concomitanza della pandemia. A causa dei lockdown e delle restrizioni alla libertà di movimento della popolazione (da un lato imposte da provvedimenti legislativi, dall’altro dalla paura diffusa del […]
La telemedicina e l’assistenza sanitaria a distanza esistevano da ben prima dell’arrivo del Covid-19 ma si sono imposte come modalità fondamentali di trattamento dei pazienti proprio in concomitanza della pandemia. A causa dei lockdown e delle restrizioni alla libertà di movimento della popolazione (da un lato imposte da provvedimenti legislativi, dall’altro dalla paura diffusa del contagio, in particolare nei casi di pazienti fragili e dei loro familiari) la domanda di assistenza da remoto è cresciuta di molto, accelerando in maniera importante non solo la consapevolezza generale nei confronti di una materia ancora poco considerata ma anche il suo sviluppo tecnologico e legislativo.
La telemedicina si divide sostanzialmente in tre attività: televisita, teleconsulto e telemonitoraggio.
Secondo una ricerca del 2021, in epoca pre-pandemica l’utilizzo di applicazioni di telemedicina da parte dei camici bianchi era di poco superiore al 10%. Dovendo fare di necessità virtù, però, il teleconsulto (il servizio di telemedicina più utilizzato) è stato adoperato dal 47% degli specialisti e dal 39% dei medici di medicina generale. Dati non molto dissimili riguardano gli altri servizi di teleassistenza: la televisita è stata utilizzata dal 39% degli specialisti e dei mmg mentre il telemonitoraggio, rispettivamente, dal 28 e dal 43%. E se prima della pandemia un medico specialista su tre si era dichiarato non interessato (se non addirittura contrario) alla telemedicina, ad un anno e mezzo dalla scoperta del virus la percentuale è scesa all’8%. Il 25% del campione, infine, prima dell’emergenza non aveva mai utilizzato strumenti di telemedicina e ha cominciato proprio durante la pandemia, mentre il 20% non ha avuto occasione per utilizzare questo tipo di servizio ma si dichiarava interessato a farlo in futuro.
Una tale e così rapida evoluzione di un settore delicato come quello sanitario ha spinto le istituzioni a varare delle linee guida nazionali al fine di regolamentare al meglio la materia. Parliamo del decreto del 21 settembre 2022, denominato “Approvazione delle linee guida per i servizi di telemedicina – Requisiti funzionali e livelli di servizio”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 novembre successivo e firmato dall’allora Ministro della Salute, Roberto Speranza, e dal Ministro delegato per l’Innovazione tecnologica e la Transazione digitale, Vittorio Colao. L’intento di questo provvedimento è quello di stabilire “i requisiti tecnici indispensabili per garantire l’omogeneità a livello nazionale e l’efficienza nell’attuazione dei servizi di telemedicina”.
Nella premessa alle linee guida si può leggere: “L’evoluzione in atto della dinamica demografica, e la conseguente modificazione dei bisogni di salute della popolazione […] rendono necessario un ridisegno strutturale ed organizzativo della rete dei servizi, soprattutto nell’ottica di rafforzare l’ambito territoriale di assistenza. L’innovazione tecnologica può contribuire a una riorganizzazione della assistenza sanitaria, in particolare sostenendo lo spostamento del fulcro dell’assistenza sanitaria dall’ospedale al territorio […]. Le modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie abilitate dalla telemedicina sono fondamentali”, in quanto contribuiscono “ad assicurare equità nell’accesso alle cure nei territori remoti, un supporto alla gestione delle cronicità, un canale di accesso all’alta specializzazione, una migliore continuità della cura attraverso il confronto multidisciplinare e un fondamentale ausilio per i servizi di emergenza-urgenza”. Le linee di indirizzo precisano, inoltre, che “i servizi di telemedicina vanno assimilati a qualunque servizio sanitario diagnostico/terapeutico” e che “la prestazione in telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza”.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), finanziato attraverso il programma dell’Unione europea “Next Generation Europe”, dedica al tema della salute un’intera Missione (la numero 6), i cui obiettivi vanno realizzati entro il 2026.
Alla Missione Salute è stato dedicato l’8,16% delle risorse totali del PNRR, pari a 15,63 miliardi di euro (questa cifra supera i 20 miliardi se contiamo anche gli altri fondi che verranno stanziati nel corso del tempo), così ripartiti:
La Missione 6 Componente 1 del PNRR individua il sub-investimento 1.2.3 (dal valore di 1 miliardo di euro). per l’implementazione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina.
Gli obiettivi del sub-investimento 1.2.3 sono:
I target europei prevedono che entro la fine del 2023 ci sia almeno un progetto per Regione (o Provincia autonoma) e non meno di 200mila persone assistite attraverso telemedicina.
Lo scorso 12 ottobre l’Agenas (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali), in qualità di “soggetto attuatore per la progettazione, la realizzazione e la gestione dei Servizi abilitanti della Piattaforma nazionale di Telemedicina”, ha pubblicato la procedura per l’affidamento della concessione per la progettazione, realizzazione e gestione dei servizi abilitanti della Piattaforma Nazionale di Telemedicina. Sono stati di fatto messi a disposizione delle Regioni 750 milioni di euro del PNRR per sviluppare percorsi di telemedicina. Ogni Regione veniva chiamata a presentare il suo piano operativo entro la fine del 2022.
L’obiettivo dell’investimento in telemedicina (insieme a quelli sulle reti di prossimità e assistenza sanitaria territoriale), è quello di “migliorare l’assistenza delle persone affette da patologie croniche, con particolare attenzione verso gli over 65”. Questo obiettivo si collega ad altri tre obiettivi complementari:
Nello specifico, il miliardo messo a disposizione dal PNRR per lo sviluppo della telemedicina servirà a sviluppare l’organizzazione dei servizi per la telemedicina e creare due infrastrutture tecnologiche: