Il Presidente della Società Italiana Telemedicina e Sanità elettronica sottolinea il ruolo che può svolgere nelle cronicità: «Diventerà molto importante l’ospedalizzazione domiciliare e la gestione domiciliare di pazienti»
Sulla telemedicina siamo in ritardo rispetto ai paesi europei e nordamericani e le norme approvate in passato non hanno trovato poi una realizzazione concreta. A dirlo è il presidente della SIT – Società Italiana Telemedicina e Sanità elettronica Gianfranco Gensini, da sempre un grande sostenitore della digitalizzazione in sanità, sia per il risparmio che può portare alle casse dello Stato sia per i grandi vantaggi per il paziente e per la professione medica: «Con la telemedicina diventerà molto importante l’ospedalizzazione domiciliare e la gestione domiciliare di pazienti. Si potranno monitorare a distanza dati come peso, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria e sappiamo quanto nelle malattie croniche il controllo di alcuni elementari parametri può consentire di ridurre moltissimo alle cure dell’ospedale». Dunque un importante vantaggio anche per il funzionamento del Sistema sanitario. Tuttavia negli ultimi anni su questo fronte non sono stati fatti passi avanti e ora Gensini spera che nel prossimo Patto per la Salute possa esserci qualcosa su questo fronte: «L’atto di indirizzo di 7-8 anni fa non è stato seguito da norme cogenti. Il fatto che la sanità non stia utilizzando la telemedicina come dovrebbe purtroppo è una perdita economica importante ma soprattutto è una perdita per quella che oggi si chiama la medicina personalizzata».
Presidente, quali sono le nuove frontiere della telemedicina?
«Le nuove frontiere si possono dividere in due tipi. Le nuove frontiere perché l’avanzamento ulteriore di quanto la telemedicina e la medicina digitale in generale possono fare per il cittadino paziente e per tutti coloro che hanno a che fare con problemi fisici e dall’altro c’è un problema forse più serio che è la reale applicazione della telemedicina e della medicina digitale nella pratica clinica. Quest’ultimo punto è ancora molto indietro rispetto anche agli altri paesi europei e soprattutto rispetto agli Stati nordamericani che hanno in questo un vantaggio enorme e d’altra parte consente loto di gestire i loro paziente con rapidità, precisione, con livelli di completezza che da noi ancora non esistono».
Cosa si può fare visto che stiamo indietro?
«Si dovrebbe cercare di equiparare l’attività clinica ordinaria alle attività cliniche fatte con altre modalità riconoscendo loro un valore anche economico e organizzativo gestionale. Questo ancora in Italia è avvenuto in misura molto piccola, in due o tre regioni. Questo dovrebbe diventare un obiettivo molto tangibile anche alla luce dei tempi che ci aspettano con la riduzione del numero dei medici disponibili».
Il futuro ci dice le diagnosi potranno avvenire a distanza….
«Mi occupo di questo aspetto e anche degli aspetti della gestione della visita a distanza. Il primo paziente con un problema neurologico e una necessità di una supervisione della semeiotica, quindi delle modificazioni funzionali degli arti di questo paziente. Lui era in Nepal e la diagnosi arrivò dalla Nuova Zelanda. Una volta ormai che uno trasforma l’informazione in digitale diventa un problema irrilevante».
La telemedicina applicata in modo diffuso può essere un grande vantaggio non solo a livello di sistema sanitario ma anche per il medico perché può gestire il lavoro in modo più efficiente…
«Assolutamente sì. Spesso si parla della carenza dei medici, ma io aggiungo il problema dell’incostanza dell’organizzazione. L’organizzazione si è già modificata ma ora credo che nel giro di cinque-sette anni cambierà ancora moltissimo diventando grazie alla telemedicina molto importante l’ospedalizzazione domiciliare e la gestione domiciliare di pazienti che anche se hanno bisogno di tutto quello che rientra nell’ospedalizzazione domiciliare possono garantire un monitoraggio dei pazienti. Vedi peso, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria: in fondo nelle malattie croniche sappiamo che il controllo di alcuni elementari parametri può consentire di ridurre moltissimo alle cure dell’ospedale o alla necessità di una visita d’urgenza. In realtà se noi abbiamo la possibilità di tenere sotto controllo i parametri vitali possiamo sapere in precedenza cosa si sta preparando per il nostro paziente. Molto spesso scongiurando l’evento attraverso un intervento tempestivo».
Lei come presidente della SIT ritiene che le autorità mediche e politiche si stanno interessando abbastanza al problema o no?
«L’attenzione sicuramente c’è con grande impegno fu promulgato un atto di indirizzo ormai sette o otto anni fa a cui non ha fatto seguito una politica con una serie di elementi che rendessero cogente e quasi obbligatorio l’impiego e l’omogeneizzazione dell’utilizzazione del digitale. Quando fu fatto il patto per l’agenda digitale tra i suggerimenti che io mi permisi di dare fu quello di collegarlo con i sistemi premiali dei direttori generali delle aziende. Così non è stato fatto. Mi sembrava che collegare l’estensione del digitale con la remunerazione stessa dei direttori generali potesse essere un elemento di attenzione. Invece non è stato fatto e purtroppo tuttora le spese per l’informatizzazione sono gestite in maniera non omogenea tanto che un cittadino che si sposta da un ospedale all’altro della stessa città spesso si trova con un sistema informativo completamente diverso».
Adesso si sta facendo il nuovo Patto per la salute. Potrebbe essere l’occasione per inserire qualcosa sul tema?
«Potrebbe. Io mi auguro che questo accada. Io faccio parte di un gruppo che collabora con il Politecnico di Milano per la digitalizzazione. Il fatto che la sanità non la stia utilizzando purtroppo è una perdita economica importante ma soprattutto è una perdita per quella che oggi si chiama la medicina personalizzata in cui il conoscere i dati del singolo paziente rappresenta il modo per poi creare il suo profilo che nel tempo può essere arricchito e può rappresentare una guida molto utile e per l’intelligenza artificiale e per quella di un medico».