Il Tribunale Amministrativo Regionale boccia il decreto della Regione che proponeva tempi rigorosi per le visite specialistiche. Il Segretario del Sindacato Medicina Ambulatoriale: «Al cittadino serve un tempo di cura di qualità»
«È solo lo specialista che può decidere la durata di una visita medica perché questa sia di qualità». Ne è assolutamente convinto Antonio Magi, Segretario Generale di Sumai (e Presidente OMCeO Roma da dicembre 2017), all’indomani della decisione del Tar del Lazio che ha bocciato il decreto del Commissario ad Acta della Regione Lazio sul “Tempario delle prestazioni ambulatoriali”. Un documento in cui, in sostanza, si prevedevano dei tempi rigorosi per 63 esami specialistici. Ad esempio: Visita neurologia, 20 minuti; Elettromiografia semplice, 5 minuti; Elettrocardiogramma, 15 minuti; Visita oncologica: 20 minuti.
«La palla è di nuovo al centro – commenta il Segretario -, il cittadino ha necessità di essere seguito in modi e in tempi corretti con una prestazione sanitaria di qualità».
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Ma torniamo indietro: quando e perché era stata adottata questa tabella di riferimento delle tempistiche? Il tempario è frutto di un decreto approvato dalla Regione Lazio nel luglio 2017, volto a garantire tempistiche sì stringenti, ma finalizzate all’abbattimento delle liste d’attesa e ad una maggiore produttività. «Eppure il risultato non è stato quello sperato – commenta Magi -. C’è da considerare che nessuna prestazione è uguale all’altra, dipende anche dal caso clinico. Questa sentenza restituisce l’importanza che è giusto attribuire al tempo di cura e di comunicazione con il paziente».
«Ci tengo a sottolineare – aggiunge il segretario Sumai – che il Tar non si è solo espresso a parole in merito alla questione, ma ha dettato indicazioni ben precise: non serve ridurre i tempi, ma per smaltire le liste d’attesa occorre assumere personale attrezzandolo in maniera adeguata».
Dunque una posizione netta quella assunta dal Tribunale, condivisa dal Sindacato dei Medici Ambulatoriali che da anni sostiene che il problema delle liste d’attesa e del sovraffollamento nei Pronto soccorso è «in primis frutto della mancanza di specialisti sul territorio», sottolinea Magi.
«In questi anni sono andati in pensione molti specialisti ambulatoriali – spiega -. Non tutti sono stati sostituiti. Per cui abbiamo una riduzione notevole di medici, ed è chiaro che nel momento in cui un cittadino chiede una prestazione specialistica i tempi sono lunghi perché mancano i professionisti. Inoltre i cittadini che hanno la possibilità di pagare la visita privatamente lo fanno (motivo per cui l’out of pocket in Italia è molto alto) e chi invece non ha la possibilità economica affolla Pronto soccorso, guardie mediche e ambulatori».