Il direttore scientifico dell’Osservatorio terapie avanzate: «Non sarà sufficiente approvare nuove terapie avanzate, ma sostenerne gli elevati costi, per garantire un accesso equo a tutti i pazienti»
Non mirano alla cura dei sintomi di una malattia, ma a colpire le sue basi genetiche e cellulari con l’obiettivo, non sempre perseguibile, di eradicarla. Per questo, le terapie avanzate sono considerate farmaci del “terzo millennio”, trattamenti che puntano a rivoluzionare la storia di alcune gravi patologie, come le malattie genetiche ed alcuni tumori, fino ad oggi considerate incurabili. Una rivoluzione che, come tutti i grandi cambiamenti, è accompagnata da non poche difficoltà, non solo dal punto di vista di ricerca, sviluppo e produzione del farmaco ma anche sul piano regolatorio ed economico. Con Francesca Ceradini, biologa e direttore scientifico dell’Osservatorio terapie avanzate, ripercorriamo la storia di questi rivoluzionari trattamenti, dalla prima sperimentazione, alle sfide future.
«Con il termine terapie avanzate, tecnicamente chiamate ATMP (Advanced Therapy Medicinal Product), ci si riferisce a farmaci innovativi che si differenziano dai quelli “classici” perché non si basano su molecole prodotte per sintesi chimica, bensì su DNA o RNA, cellule e tessuti – spiega Francesca Ceradini -. Sono spesso one shot, ovvero prevedono un’unica somministrazione che mira a colpire le basi genetiche e cellulari della malattia».
Come tutti gli altri farmaci, prima di essere immessi sul mercato, necessitano di un’approvazione: «Devono sottostare alle stesse procedure e ai regolamenti degli enti preposti previsti per tutte le altre tipologie di farmaci. A livello europeo l’ente di riferimento è l’European Medicines Agency (EMA), mentre l’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) si occupa delle procedure per l’autorizzazione di nuovi farmaci nel nostro Paese», sottolinea il direttore scientifico dell’Osservatorio.
La prima terapia avanzata risale al 2009. In poco più di un decennio ne sono state approvate 17, di cui 5 successivamente ritirate dal commercio. «Delle 12 terapie avanzate attualmente presenti sul mercato europeo, solo sei sono disponibili anche in Italia», racconta la biologa. Per i prossimi anni si prevede una crescita esponenziale: «Secondo le previsioni saranno 50 le nuove terapie avanzate disponibili in un decennio. Un’impennata già avviata negli ultimi anni se si considera che delle 12 terapie attualmente in commercio ben 8 sono state autorizzate tra il 2018 e il 2020».
L’Italia è la culla delle terapie avanzate: è made in Italy il primo trattamento al mondo sperimentato sulle cellule staminali. «Nonostante il nostro Paese sia stato pioniere delle terapie avanzate, ora non riesce a tenere il passo con il resto dell’Europa e del mondo, dove sono in corso oltre mille sperimentazioni cliniche. In Italia, stando agli ultimi dati disponibili, gli scienziati sono a lavoro su 24 trial clinici».
Le nuove sperimentazioni non solo stanno fiorendo a livello mondiale, ma continuano ad allargare il loro campo di ricerca: «Le prime terapie avanzate sono state dedicate alle patologie rare. Ora, invece, la ricerca punta al trattamento dei tumori, in particolare quelli del sangue. Allargare la potenziale platea di pazienti è un’importante rivoluzione che però ci porrà di fronte ad un grosso limite: la sostenibilità. Le terapie avanzate hanno dei costi molto elevati e, quindi, la grande sfida del prossimo futuro non sarà semplicemente quella di sperimentarne l’efficacia, ma soprattutto – conclude Francesca Ceradini – di sostenerne la spesa, per garantire un accesso equo a tutti i pazienti».
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