Zanini (pediatra) al 76esimo congresso della Società italiana di Pediatria (Sip): «In ritardo rispetto all’Europa, dobbiamo ridurre il gap tra regioni, fare rete e creare più posti letto»
Sono 23 le terapie intensive pediatriche presenti in Italia, per un totale di 202 letti con una media di tre posti ogni milione di abitanti. Il dato, reso noto durante la seconda giornata del 76° congresso di Pediatria che vede coinvolti oltre 800 professionisti, ha messo in luce una lacuna del sistema sanitario italiano che, ai tempi della pandemia da Covid, impone la necessità di correre ai ripari.
L’analisi precisa e puntuale fatta da Rinaldo Zanini, pediatra e già direttore del dipartimento materno infantile dell’azienda ospedaliera di Lecco, evidenzia una carenza strutturale che non può più esistere. Lo stesso Zanini ha commentato: «Le terapie intensive pediatriche sono poche e di piccole dimensioni e soprattutto distribuite in modo non omogeneo sul territorio nazionale, con numeri decisamente inferiori rispetto alle terapie intensive neonatali che sono oggi 116. Non solo, le terapie intensive pediatriche sono prive del codice identificativo della disciplina che invece è presente in tutti gli altri ambiti della medicina, un aspetto questo che rende difficile mappare con esattezza letti e reparti».
Un dato che, in ogni caso, non ha impedito di fare una stima delle terapie intensive e di mettere a confronto la realtà italiana con il resto d’Europa. Proprio guardando oltre i confini nazionali è possibile constatare il gap italiano, 3 a 8 il divario che si fa ancor più evidente tra le diverse regioni. E così se la Liguria conta una media di 10,6 terapie pediatriche, la Puglia si ferma a due, mentre altre regioni come Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Umbria, Abruzzo, Sardegna, Molise e Basilicata, sono completamente sprovviste.
Allo studio un modello hub&spoke
Cosa sarebbe capitato se il Covid avesse colpito in maniera molto grave anche i bambini? Questa domanda oggi è fortunatamente senza risposta, ma il problema non deve essere sottovalutato, ha ribadito a più riprese lo stesso Zanini: «Avere delle terapie intensive dedicate ai pazienti in età pediatrica significa migliorare la prognosi dei bambini che vengono ricoverati in terapia intensiva per adulti perché vi è una elevata specificità del personale oltre che dei device. Ciò non toglie che in Italia ci siano grandi eccellenze, ma occorre fare rete e creare più posti letto – ha aggiunto –. L’obiettivo, dunque, è creare un modello hub&spoke in grado di intercettare nei piccoli ospedali gli eventi critici che riguardano i bambini e distribuire i pazienti secondo due fattori: età e gravità in modo da destinarli a terapie intensive pediatriche di primo o secondo livello o in super hub. Di sicuro – ha concluso – sarebbe importante avere la identificazione del codice disciplina per le TIP in modo da creare una rete tra professionisti».
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