Il punto della situazione nel corso del congresso ESC di Roma. Intervista al professor Leonardo Bolognese direttore del Dipartimento Cardiovascolare e neurologico Azienda Ospedaliera Arezzo: «Studi scientifici condotti in Giappone sul post terremoto segnalano aumento cardiopatie di 5-6 volte»
Con oltre 35mila specialisti provenienti da 140 paesi, Roma in questi giorni è la capitale mondiale della cardiologia grazie al più importante, scientificamente e numericamente, congresso del pianeta ESC, il raduno degli iscritti alla European Society of Cardiology. Un evento che, a ulteriore dimostrazione della sua rilevanza, vede anche l’intervento di Papa Francesco. Ma non si può, in queste ore, non spostare l’attenzione anche sul terribile terremoto che ha colpito il Centro Italia e su cui anche i cardiologi di ESC stanno focalizzando le loro competenze. Ne abbiamo parlato con il professor Leonardo Bolognese, direttore del Dipartimento Cardiovascolare e neurologico dell’Azienda Ospedaliera di Arezzo e Italian Press Coordinators dell’ESC Congress 2016.
Professore, prima di soffermarci sulle conseguenze del sisma, facciamo il punto sul congresso e sullo stato di salute della cardiologia in Italia.
«La salute della cardiologia italiana è ottima. Il fatto che il congresso più importante a livello mondiale si svolga a Roma non è un caso. È una sorta di riconoscimento agli avanzamenti scientifici e professionali ottenuti dalla comunità cardiologica italiana. Per noi è un motivo di orgoglio, però non lo scopriamo oggi. La cardiologia italiana è ad ottimi livelli sia a livello professionale che scientifico da sempre».
L’attualità di questi giorni è chiaramente sconvolta dal terremoto che ha colpito il centro Italia. Nel convegno vengono approfondite le ricadute sui rischi e sulle patologie cardiovascolari dovute agli eventi naturali come il terremoto.
«Mi lasci dire che è difficile svolgere qualsiasi attività pensando alla sofferenza che in questo momento sta attraversando una grande parte dell’Italia. È difficile continuare a svolgere il lavoro perché il nostro pensiero è rivolto a quello che sta avvenendo nelle zone terremotate. D’altro canto in quanto medici, e cardiologi in particolare, dobbiamo anche occuparci delle relazioni fra questi disastri naturali e le malattie cardiovascolari. Relazioni che esistono ed in maniera scientificamente provata, sia acutamente, immediatamente a ridosso del disastro naturale sotto forma di eventi acuti, quindi l’infarto miocardico, l’ictus, che possono intervenire con una frequenza anche circa 5-6 volte superiore alla media e anche in persone perfettamente normali ed è la cosa da monitorare con più attenzione. Infatti, lo stress sul piano psicologico interagisce con il sistema nervoso vegetativo che ha degli effetti talora dirompenti a livello cardio-vascolare. Ma bisogna anche guardare a lungo termine perché gli effetti dei disastri naturali in termini di malattie cardiovascolari si evidenziano anche a distanza di 5 o 6 anni. L’incidenza di malattie cardiovascolari è più alta in chi ha sofferto un disastro naturale. Immaginiamoci poi se il soggetto è già affetto da una cardiopatia e qui ovviamente piove sul bagnato e gli effetti potranno essere ancora più rilevanti rispetto ad un soggetto normale».