Il ministro Speranza parla di un ritorno alla medicina ordinaria, mantenendo alta l’attenzione su Covid-19. L’autunno dei professionisti sanitari come sarà? Ai mmg verrà affidato il terzo richiamo e ai pediatri la vaccinazione dei giovani
Forse, sottolineando con enfasi l’avverbio, la fase “straordinaria” della pandemia sta volgendo al termine in Italia. Il 31 luglio 2021 quello stato di emergenza già prolungato due volte, potrebbe finalmente concludersi. I dati sui nuovi contagi supportano questa tesi e anche il ministro della Salute Roberto Speranza si è lasciato andare a un cauto ottimismo. In forma più o meno compatibile, sono ottimisti anche i professionisti sanitari. Dagli ospedali al territorio, è forte la spinta per una ripresa delle attività ordinarie.
Ma cosa sarà l’ordinarietà dopo il Covid? Non solo visite da recuperare e controlli evitati per via del contagio, anche gli strascichi della pandemia dovranno trasformarsi in “ordinaria amministrazione”. Ospitato durante una trasmissione televisiva, Speranza ha infatti puntualizzato che una terza dose di vaccino più in là nel tempo sembra «molto probabile». Si tratterebbe di un richiamo “modificato” per coprire tutte le nuove varianti emerse e che ogni cittadino dovrebbe ricevere allo scadere dei mesi di protezione, su cui ancora si sa poco.
Tra i primi a riceverla ci saranno probabilmente proprio i professionisti sanitari, immunizzati tra gennaio e febbraio 2021. Questa volta però, Speranza punta ad usare il Sistema sanitario nazionale, senza ricorrere agli hub vaccinali che spera di chiudere dopo l’estate. «Penso che questa nuova ordinarietà possa essere affidata alla nostra straordinaria rete di medici di medicina generale», ha detto con convinzione a Che tempo che fa.
Non solo, il ministro ha anche coinvolto i pediatri nella discussione. «Dobbiamo usare il più possibile i pediatri di libera scelta. Sono medici di straordinaria qualità che hanno un radicamento sul territorio, un rapporto di fiducia molto importante con le famiglie. Io vorrei che ci fosse il loro massimo protagonismo sempre nel coordinamento con i territori e le Regioni», ha detto. Immaginando di affidare quindi ai pediatri la vaccinazione dei giovanissimi, dai 12 ai 17 anni. Una missione in cui Speranza crede molto e che vuole realizzare prima dell’estate.
Medici di famiglia e pediatri di libera scelta hanno più volte affermato di voler partecipare sempre più attivamente. In alcuni studi di mmg, le vaccinazioni procedono già da qualche mese. Tuttavia, la loro partecipazione attiva era stata già prefigurata agli inizi della campagna vaccinale. Salvo poi dover fare svariati passi indietro per via delle difficoltà di conservazione dei vaccini, di spazio negli studi, di sicurezza nelle somministrazioni e in generale di gestione delle prenotazioni. Perché allora con la terza dose e gli hub vaccinali chiusi – che da molti medici sono attualmente usati per somministrare – dovrebbe essere diverso? Come si supereranno gli ostacoli che vediamo ora e come si gestirà una mole così vasta di richiami dagli studi di pediatri e mmg?
Se lo chiede anche Angelo Testa, medico di famiglia e presidente del Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani (SNAMI), che Sanità Informazione ha raggiunto al telefono. «Partendo dall’assunto che la medicina generale vuole vaccinare ed è giusto che lo faccia, quel che ci lascia preoccupati è la logistica» spiega. La vaccinazione è storicamente un’attività dei medici di famiglia, che svolgono tenendo sotto controllo i propri pazienti, ma quella per Covid-19 ha delle caratteristiche particolari.
«Quando abbiamo fatto l’accordo Regioni-Ministero – prosegue Testa – come Snami abbiamo ottenuto che venisse inserito che qualora il medico non avesse uno studio attrezzato e il personale per vaccinare, che venisse data dalle Asl la disponibilità all’uso degli hub. Ma i medici di famiglia non sono stati chiamati, hanno chiamato pagandoli specialisti fuori orario e tanti altri». Poche sono state le Regioni che si sono organizzate per permettere agli mmg di usare quegli spazi per i loro pazienti, come per fortuna è successo al dottor Testa.
«Ieri ho vaccinato 85 miei pazienti in un hub, se avessi dovuto farli nel mio studio avrei impiegato due mesi», ammette. «Rifare la terza dose vuole dire richiamare in relazione a quando si sono fatte le prime due. I vaccini come Pfizer danno sempre problemi con la preparazione e la conservazione in frigo. La gente poi si dimentica, non viene, noi facciamo anche un altro lavoro. Senza organizzazioni rischiamo di perdere l’80% della nostra giornata per star dietro alle vaccinazioni». Il presidente Snami teme «il disastro».
Non bisogna dimenticare che il ritorno all’ordinario prevedrà che i pazienti arrivino in studio dai medici per molti altri motivi. Le ricette via mail e i consulti telefonici probabilmente resteranno, ma la telemedicina non può ancora sostituire le visite. Sarà difficile, secondo Testa, dedicare più di un giorno a settimana ai richiami e senza l’aiuto di una logistica solida sarà complesso. «Da noi c’è sempre massimo impegno, ma vista l’esperienza passata non ci fidiamo tanto».
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