La Presidente della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica Laura Sciacovelli invita alla cautela sul tema della patente di immunità: «Come società scientifica abbiamo già pianificato uno studio multicentrico che ci permetterà di aumentare la casistica da studiare e dare quindi una maggiore significatività ai dati oggettivi»
«I test sugli anticorpi ci potranno aiutare ma bisogna avere cautela in questa fase». Laura Sciacovelli, Presidente della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica (SIBioC), sposa una linea prudenziale sul tema dei test sierologici per il rilevamento degli anticorpi anti Covid-19, un test su cui i più ottimisti stanno basando le opportunità di ripartenza nelle prossime settimane. «Stiamo raccogliendo le evidenze che ci permetteranno di capire come utilizzare questa informazione» sottolinea più volte in un colloquio con Sanità Informazione.
«In questo momento sono sul mercato molti sistemi analitici per rilevare gli anticorpi. Dobbiamo capire quali, tra questi, hanno le caratteristiche prestazionali migliori, cioè il grado di affidabilità dei dati – sottolinea la Presidente SIBioC -. I professionisti di laboratorio italiani stanno lavorando molto su questo e sono già disponibili le prime pubblicazioni scientifiche. Dobbiamo garantire l’accuratezza analitica e diagnostica dei sistemi analitici, capire come evolvono nel tempo questi anticorpi studiando le cinetiche e per quanto tempo i soggetti che sono venuti a contatto col virus sono protetti, cioè l’eventuale immunizzazione».
C’è il dubbio infatti che la presenza di anticorpi non garantisca l’immunizzazione, come testimonia la notizia di casi in Corea del Sud, dove persone contagiate e guarite si sono poi reinfettate. «Non abbiamo ancora dati per poter dare risposte sicure – continua Sciacovelli -. La malattia è giovane e le evidenze disponibili valutano casistiche intorno ai 30 giorni. Le domande a cui dare risposte sono tante, per esempio come si sviluppano gli anticorpi in relazione a un soggetto che ha contratto la malattia in modo grave o in modo meno grave. Come società scientifica abbiamo già pianificato uno studio multicentrico che ci permetterà di aumentare la casistica da studiare, confrontare i dati e dare quindi una maggiore significatività ai dati oggettivi».
La Medicina di Laboratorio è destinata ad avere un ruolo sempre più centrale nella lotta al Covid-19. Un ruolo che trova concreta attuazione nell’enorme numero di tamponi che i laboratori accreditati stanno processando in tutta Italia, senza dimenticare tutti gli altri esami di laboratorio che forniscono ulteriori informazioni a supporto: «La Medicina di Laboratorio è fondamentale nel percorso diagnostico-terapeutico della malattia con tutte le sue competenze nelle diverse aree – ricorda la Presidente SIBioC -. Quello che non emerge molto spesso è che per dare risposte a questo alto numero di richieste di tamponi i laboratori hanno dovuto riorganizzare completamente i propri flussi operativi, e talvolta gestire le attività nelle 24 ore, dovendo risolvere anche le eventuali difficoltà di approvvigionamento dei reagenti. Mi preme poi ricordare tutte le figure professionali che operano all’interno del laboratorio – conclude -. Ci sono medici, biologi, chimici, tecnici di laboratorio, infermieri. Anche in laboratorio abbiamo infermieri nelle attività ambulatoriali di prelievo di sangue».
La carenza di reagenti è infatti una criticità che sta frenando in tutta la penisola un utilizzo ancora più diffuso del test. «Anche le aziende del diagnostico hanno difficoltà a rispondere alle esigenze di mercato, nazionale ed internazionale: devono avere il tempo di produrre e fornire questi reagenti. È tutta una catena – spiega ancora Sciacovelli -. Le aziende del diagnostico sono partner fondamentali per la medicina di laboratorio e in questa occasione stanno dando anche loro il massimo. Purtroppo l’emergenza è tale che ha trovato tutti un po’ impreparati, come per le mascherine».
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