«Ad oggi non esistono test efficaci al 100% – ha spiegato a Sanità Informazione -. I test salivari hanno sensibilità ridotta rispetto al tampone, ma se funzionano al 90-95% possiamo ritenerci soddisfatti. Validi soprattutto in campagne di screening in aeroporto e nelle scuole»
Veloci e poco invasivi nell’ambito dell’attività di screening. Oltre ai test molecolari (il tampone classico) e antigenici (rapidi), i test salivari si fanno strada per rintracciare i soggetti positivi al coronavirus. La Regione Lazio attende solo il via libera alla validazione da parte dell’Istituto delle Malattie Infettive Spallanzani di Roma che dovrebbe arrivare entro la fine della settimana, come ha dichiarato il direttore sanitario Francesco Vaia a Radio Uno. Ottenuto il nullaosta, i test salivari si potranno utilizzare per intervenire nelle scuole e nei nuovi focolai. Ma cosa sono, come funzionano e quanto sono attendibili questi test per la ricerca del Sars-Cov-2? Le risposte sono arrivate dal professor Massimo Andreoni, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’Università di Tor Vergata e direttore scientifico Simit (Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali).
«I dati della letteratura internazionale – ha spiegato il professor Andreoni a Sanità Informazione – ci dicono che i test salivari sono attendibili, anche se hanno una sensibilità poco minore rispetto al test classico molecolare, il tampone rinofaringeo. Il tampone si effettua in quattro ore: se ne indicano 24 perché il sistema lo deve processare e i tempi di attesa sono legati al fatto che l’indagine è abbastanza laboriosa e si aspetta di avere un numero sufficiente di tamponi prima di procedere con l’analisi. I test rapidi – ha continuato il professore – hanno una gestione tecnica del materiale che è molto più semplice di quello biomolecolare che richiede apparecchiature più sofisticate. Tuttavia, devono essere effettuati sempre da un operatore, da una persona addestrata all’esecuzione perché non richiedono una preparazione altamente qualificata ma specifica. Lo può fare anche una persona diversa dal tecnico ma chi lo fa deve essere stato istruito a farlo correttamente».
I test con la saliva funzionano come un test di gravidanza, indicano la positività o la negatività: due linee è positivo, una è negativo. «Non è in grado di leggere il soggetto “molto “o “poco” positivo – ha specificato Andreoni – ma non ha rilevanza clinica perché per noi si tratta sempre di un soggetto infetto. La saliva viene utilizzata nei test rapidi anche per ricercare altre infezioni virali, come l’epatite C – ha proseguito Andreoni -. È un sistema molto più semplice rispetto alla raccolta del sangue o alla puntura del dito. Per quanto riguarda il Covid-19, il test rapido con puntura del dito lo utilizziamo per ricercare gli anticorpi e non il virus».
«Attendiamo la validazione dello Spallanzani, ma certamente il tampone salivare può essere un test valido ed efficace in campagne di screening come il test effettuato in aeroporto o nelle scuole, in cui evidentemente la raccolta di un campione salivare potrebbe essere molto più semplice rispetto ai tamponi che sono più invasivi» ha specificato Andreoni.
I test salivari possono rintracciare circa il 90% delle positività: «Dobbiamo dare per scontato che possa sfuggire qualche soggetto positivo con carica virale molto bassa, avendo sensibilità ridotta rispetto a quello molecolare, ma se il test funziona al 90-95% possiamo ritenerci soddisfatti. C’è da dire, inoltre, che anche il tampone non è affidabile al 100%, lascia scappare qualche persona positiva, a volte servono 4-5 tamponi per dimostrare la positività. Nella pratica clinica noi l’abbiamo visto, ci sono soggetti con quadro clinico fortemente riconducibile al Covid con un primo tampone negativo; non ci fermiamo al primo esame per dire che effettivamente non lo è, siamo costretti a farne un certo numero e a volte un bronco lavaggio per essere sicuri. Ad oggi non esistono test che forniscano al 100% la certezza di positività» ha concluso.
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