Il Ddl è stato approvato all’unanimità alla Camera e la discussione si sposta al Senato. La Senatrice e Presidente dell’Intergruppo parlamentare per le Malattie Rare: «Il malato raro ha bisogno non solo di cure ma anche di novità dal punto di vista sociale, economico e organizzativo»
Manca ancora una legge quadro sul tema delle malattie rare e il testo unico che è appena stato approvato all’unanimità alla Camera «viene a colmare un vero e proprio vulnus» che riguarda tantissime persone. Così la Senatrice Paola Binetti, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per le Malattie Rare, che a breve sarà chiamata a discutere (ed eventualmente modificare) e approvare un Disegno di legge tanto atteso in quanto «in questi anni è mancata una presa di posizione a livello normativo che chiarisse ai malati rari a cosa possono accedere».
In questo caso si parla, soprattutto, di «equità nell’accesso alle cure». Non solo perché «in Italia abbiamo 20 sistemi sanitari regionali diversi, per cui in una Regione è possibile accedere ad una serie di prestazioni che non ci sono in altre», ma anche perché «i malati sono davvero rari» e se nelle Regioni «ci sono pochi esperti di queste patologie dobbiamo garantire una mobilità interregionale» ma anche «transfrontaliera». Questo perché «se un paziente affetto da malattia rara sa che può curarsi in un altro Paese, come Francia o Germania, deve potersi muovere».
«Il malato raro – spiega ancora la Senatrice Binetti – ci pone delle domande non solo di natura sanitaria, ma anche sociale, economica e organizzativa». Il Ddl affronta dunque problemi di tipo clinico, assistenziale e socio-economico, in quanto anche questi aspetti sono parte integrante della terapia. Vengono poi affrontate, ovviamente, problematiche legate ad aspetti specifici delle stesse terapie. Le quali, molto spesso, proprio per la natura stessa di una patologia rara, possono essere «anche molto costose» e a base di «farmaci che il Ssn non passa». E questo vale, ovviamente, per quelle patologie per cui è già stata trovata una cura o una terapia.
Ma nel caso di malattie per le quali ancora non c’è né cura né terapia? In questo caso la ricerca, almeno nell’ambito delle malattie rare, «rischia di non dare ritorni economici interessanti alle case farmaceutiche e queste, quindi, non vi investono». In questo caso, dunque, è necessario «incoraggiare» le aziende «a sperimentare e portare avanti la ricerca anche in campi che non prevedono guadagni».
Nato per volontà di alcuni parlamentari di diversa estrazione politica che avevano “toccato con mano” il problema (ovvero che avevano parenti o conoscenti affetti da malattie rare), l’Intergruppo parlamentare per le Malattie Rare ha preso vita circa 13 anni fa per creare un punto di riferimento per tutte le associazioni che si occupano del problema e per creare il dibattito necessario a portare avanti questioni e battaglie in favore di chi ne è affetto.
«Con l’Intergruppo, al quale hanno aderito diversi politici sia del Senato che della Camera, abbiamo creato un dibattito scientifico, sociale e umano molto importante. In questi anni – spiega – l’Intergruppo è intervenuto tante volte: abbiamo ad esempio fatto approvare, in una legge finanziaria, lo screening neonatale esteso per l’individuazione di circa 40 malattie rare. Abbiamo poi proposto diversi Disegni di legge volti a tutelare i pazienti di determinate patologie. E ovviamente abbiamo organizzato tanti seminari e incontri per parlare del tema e diffonderlo il più possibile». Altro “compito” dell’Intergruppo è quello di «fare da pungolo», insieme alle altre associazioni (come l’Osservatorio per le Malattie Rare) con cui nel frattempo i parlamentari dell’Intergruppo hanno stretto alleanze.
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