Salute 29 Agosto 2019 14:38

Tiroide e medicina nucleare, Marzola (AIMN): «Sì alle precauzioni ma niente paura, le tecniche sono sicure ed efficaci»

«La medicina nucleare può seguire due percorsi, uno diagnostico e l’altro terapeutico, entrambi efficaci. L’importante è informarsi correttamente e affidarsi ai professionisti». Così Maria Cristina Marzola, consigliere dell'Associazione italiana medicina nucleare
di Diana Romersi e Viviana Franzellitti

Medicina nucleare: già il nome suscita apprensione nei pazienti che lo associano subito alle centrali nucleari e ai temutissimi incidenti. La medicina nucleare è una branca della medicina che diagnostica e tratta le patologie utilizzando radiofarmaci, composti da una parte farmacologicamente attiva e da una parte radioattiva. Ma come funziona la medicina nucleare, qual è l’impiego della medicina nucleare nell’ambito delle patologie tiroidee e, soprattutto, i rischi? Lo abbiamo chiesto a Maria Cristina Marzola, medico nucleare e consigliere AIMN (Associazione Italiana Medicina Nucleare) che ci ha parlato di tecniche sicure ed efficaci sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. 

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«Sono due di fatto i percorsi che può seguire la medicina nucleare – spiega -; uno è diagnostico e può aiutare nella caratterizzazione della funzionalità dei noduli tiroidei e nella diagnosi delle forme infiammatorie, come la tiroidite. L’altro è più specificatamente terapeutico: la medicina nucleare viene utilizzata ancora molto nei pazienti dopo l’intervento di asportazione totale della ghiandola tiroide per un tumore maligno, allo scopo di identificare e colpire delle sedi di recidiva di malattia, piccoli focolai residui a livello del collo o anche delle localizzazioni a distanza dalla tiroide, le metastasi. Questo perché la medicina nucleare può utilizzare delle sostanze radioattive, in particolare lo iodio 131 che emettono la propria radioattività distruggendo solo le cellule malate».

«Una caratteristica dello iodio 131 – aggiunge la dottoressa Marzola – è proprio quella di essere molto specifico per la cellula tiroidea; la tiroide vede nello iodio la molecola principe per la produzione degli ormoni tiroidei quindi lo iodio 131 entra all’interno della cellula tiroidea e uccide solo lei. È una caratteristica di esclusività terapeutica che permette di ridurre moltissimo gli effetti collaterali, di avere un’influenza quasi nulla sui tessuti circostanti. È chiaro che si tratta di radiazioni, ci son delle precauzioni semplici da seguire ma questo non significa che si debbano temere le radiazioni utilizzate in medicina nucleare.  Questo per due motivi: servono per curare e poi perché i professionisti sono ormai in grado di utilizzarle in modo preciso e corretto. Invito i pazienti a non avere un timore spropositato e a ricercare un’informazione corretta soprattutto affidandosi e rapportandosi con i professionisti sanitari di riferimento», conclude.

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