La psicologa Giannini (Sapienza): «La pandemia ha offerto la possibilità di alternare vari modelli ludici a vantaggio del bambino»
Acchiapparella, nascondino, campana sui marciapiedi, gioco dell’oca. Se questi giochi vi sono familiari, probabilmente, avete più di 30 anni. O meno di 12. Da uno studio condotto in Australia denominato Pandemic Play Project, infatti, che ha esaminato i cambiamenti relativi al modo di giocare dei bambini prima e durante la pandemia di Covid-19, è emerso un “ritorno di fiamma” verso giochi considerati antiquati in contemporanea con il boom, per contro, dei giochi online. I ricercatori hanno identificato tra le cause di questo singolare parallelo da un lato il forte bisogno di ritrovarsi per le strade e di giocare all’aria aperta nei momenti immediatamente successivi ai lockdown, dall’altro, inevitabilmente, il bisogno di socialità durante gli stessi lockdown che imponevano scuole chiuse e zero contatti umani, da cui la voglia di confrontarsi attraverso i giochi online.
E in Italia? Tra i giochi “di strada” e le partite online, c’è stato durante la pandemia un ritorno in auge anche e soprattutto dei cosiddetti giochi da tavola, quei giochi di società caduti un po’ in disuso nel vissuto quotidiano della fascia tra i 5 e i 12 anni, in circostanze ordinarie assorbiti tra scuola, sport, compiti e impegni vari. Una novità che rappresenta un vantaggio in termini di stimolazione cognitiva e rafforzamento dei legami familiari, purché non rappresenti l’eccezione determinata dalla costrizione. Ne abbiamo parlato con la professoressa Anna Maria Giannini, Ordinario in Psicologia Generale presso l’Università Sapienza di Roma.
«In pandemia i bambini hanno recuperato delle modalità che in altri tempi erano tipiche, per altre ragioni: lo stare in casa con i genitori, o meglio, con uno dei genitori, in primis, in cui vi era una forte componente di gioco partecipato. Con la pandemia – spiega la psicologa – si è ricreata la stessa situazione, le mamme e i bambini, e stavolta anche i papà, si sono trovati a condividere molto più tempo in casa. Durante questi tempi, inevitabilmente, i genitori hanno cercato di stimolare i loro bambini anche tramite il recupero di giochi, familiari ai genitori, che prevedevano un coinvolgimento di tutta la famiglia. I giochi online hanno ad un certo punto perso mordente perché si è innescata la cosiddetta ‘dinamica della monotonia’: quando si è esposti alla medesima azione o situazione per lungo tempo scattano i meccanismi della saturazione, e se ne cerca un’altra. In questo caso – sottolinea – l’alternativa è stato il ricercare giochi a più ampia condivisione in presenza, con i genitori e i fratelli, appunto i giochi da tavolo e in generale i giochi a competizione leggera».
«Gli ultimi due anni hanno in questo senso fatto emergere l’importanza del tema del bilanciamento. Ovvero – spiega ancora Giannini – se da un lato il recupero di una dimensione ludica a livello familiare è fondamentale, anche perché si esplica attraverso giochi che aiutano a costruire le forme della mente, dall’altro è inutile negare che oggi la socialità online è una dimensione reale e impossibile da non praticare senza restare esclusi. Durante la pandemia abbiamo assistito a un positivo bilanciamento tra questi due poli – osserva – con la facoltà data al bambino di intercambiare queste due linee di crescita, dandogli possibili inedite o comunque limitatissime prima d’ora, perché la routine familiare difficilmente prevedeva il gioco in famiglia, tutti insieme. Ampliare il raggio d’azione è sicuramente positivo e favorevole allo sviluppo armonico del bambino».
«Fondamentalmente – afferma – Giannini – i genitori sono stati costretti a trovare il modo di intrattenere i propri figli a casa. Da qui sono nate abitudini creative come il cucinare insieme, suonare insieme, giocare insieme, raccontare fiabe, tutte attività dai forti connotati psicologici, appaganti per genitori e figli. L’importante è far sì che non si perdano, o comunque non del tutto, nel post pandemia. Il fatto è che i bambini, che sono molto intelligenti, hanno capito perfettamente che queste nuove abitudini erano dovute a una limitazione delle libertà personali e non a una scelta, hanno captato talvolta il senso di costrizione dei genitori. La sfida -conclude la psicologa – sarà mantenere queste modalità, positive per i bambini, nelle forme concesse dal ritorno a una vita normale. Se non si potrà giocare o impastare tutti i giorni, lo si potrà fare il sabato o la domenica…»
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