Alla Clinica Ortopedica del Policlinico Vanvitelli di Napoli eseguito con successo un raro trapianto di intero emipiatto tibiale da cadavere. Gli esperti: «Migliora la qualità della vita del paziente ed evita la sostituzione della protesi ogni 10 anni»
In ambito ortopedico, evitare il ricorso a protesi artificiali in favore di trapianti di segmenti di osso espiantati da cadavere è la strada preferibile in termini di outcome per il paziente. Una tecnica ancora poco usata, che richiede competenze avanzate ma che si basa su un approccio medico che predilige la miglior qualità di vita possibile per il paziente, coniugandola con tecniche moderne e innovative, garantendo un intervento ritagliato “su misura” e durevole nel tempo, a differenza delle protesi artificiali che devono essere sostituite ogni 10 – 15 anni. In quest’ottica si inserisce il trapianto di emipiatto tibiale da cadavere, con ricostruzione plastica dell’arto, effettuato con successo nei giorni scorsi dal giovane team della Clinica Ortopedica dell’AOU “Luigi Vanvitelli” di Napoli.
Un tipo di operazione molto rara, effettuata su un paziente di 33 anni che, a seguito di un incidente avvenuto nel 2018, aveva riportato una frattura da infossamento dell’emipiatto tibiale esterno, mal consolidata e causa di gravi limitazioni funzionali. Intorno al tavolo operatorio ha lavorato una equipe multidisciplinare guidata dal professor Alfredo Schiavone Panni composta dai dottori Giuseppe Toro, Adriano Braile, Annalisa De Cicco, Giovanni Landi, dall’anestesista, il dottor Ciro Mattiello, e dal gruppo infermieristico.
«La nostra proposta chirurgica, accettata dal paziente, è stata quella di effettuare un trapianto osteocondrale dell’intero emipiatto tibiale, comprensivo di menisco, da donatore cadavere» spiega il professor Alfredo Schiavone Panni, direttore della Clinica Ortopedica del Policlinico. E aggiunge: «Dopo un accurato planning pre-operatorio, necessario per la corretta scelta di tutte le fasi chirurgiche, l’intervento ha previsto la rimozione dei vecchi mezzi di sintesi, la resezione dell’emipiatto tibiale originario e l’impianto del trapianto opportunamente preparato e conformato secondo il morfotipo del paziente ricevente».
Come si struttura questa tecnica di trapianto? Quali sono i requisiti, i vantaggi e le controindicazioni? Ce lo ha spiegato il dottor Giuseppe Toro, specialista in Ortopedia e Traumatologia e ricercatore presso la Clinica Vanvitelli, che ha materialmente eseguito l’intervento in questione: «In fase preoperatoria abbiamo fornito alla Banca dell’Osso i parametri relativi al paziente, età peso, altezza e misure dell’osso, così da permettere la ricerca di un donatore compatibile. La pianificazione che precede l’intervento – spiega Toro – deve essere molto attenta. Per un intervento del genere sono necessarie circa 5 ore, contro l’ora e mezza che richiede l’impianto di una protesi artificiale. Nel primo caso, infatti, l’intervento è a mano libera del chirurgo, non si ha alcun tipo di guida o supporto tecnologico, soprattutto bisogna adattare il segmento osseo espiantato alla morfologia del paziente. Nel secondo caso invece – prosegue il giovane medico – le misure della protesi sono standard e soprattutto si è tele-guidati».
È importante tener presente che il trapianto di segmenti ossei non causa rigetto, a differenza di quanto avviene con i trapianti di organi. «Il tessuto osseo viene comunque trattato dalla Banca dell’Osso prima di essere trapiantato, in modo da eliminare batteri e impurità. Inoltre – conclude – l’osso del paziente si ricostituisce su quello trapiantato, inglobandolo a sé in modo assolutamente fisiologico».
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