È più piccolo di una moneta, ma ha enormi potenzialità per coloro che subiscono un trapianto. Si tratta del primo dispositivo elettronico, messo a punto dai ricercatori della Northwestern University, che è in grado di monitorare in modo continuo la salute degli organi trapiantati in tempo reale
È più piccolo di una moneta, ma ha enormi potenzialità per coloro che subiscono un trapianto. Si tratta del primo dispositivo elettronico, messo a punto dai ricercatori della Northwestern University, che è in grado di monitorare in modo continuo la salute degli organi trapiantati in tempo reale. Stando a quanto riportato dalla rivista Science, il monitoraggio avviene tramite la rilevazione della temperatura dell’organo: quando la temperatura cambia, viene inviato un avviso in tempo reale a uno smartphone o a un tablet.
L’organismo può rigettare un organo trapiantato in qualsiasi momento, anche a distanza di decenni. I segni di rigetto devono essere colti tempestivamente per intervenire in modo precoce e preservare l’organo. Ma gli attuali metodi di monitoraggio imperfetti e talvolta invasivi. La tecnologia wireless, sviluppata dagli scienziati, si offre come un’alternativa non invasiva e tempestiva, capace di cogliere i primi segnali di allarme tre settimane prima rispetto ai metodi attuali. Posizionato direttamente su un rene trapiantato, l’impianto, ultrasottile e morbido, è in grado di rilevare le irregolarità di temperatura associate all’infiammazione e ad altre risposte del corpo che si verificano con il rigetto del trapianto. Quindi, avvisa il paziente o il medico trasmettendo i dati in modalità wireless a uno smartphone o a un tablet nelle vicinanze.
I ricercatori hanno testato il dispositivo su un piccolo modello animale con reni trapiantati, dimostrandone l’efficacia. «Ho notato che molti dei miei pazienti provano un’ansia costante, non sapendo se il loro corpo sta rigettando o meno l’organo trapiantato», spiega Lorenzo Gallon, nefrologo esperto in trapianti della Northwestern Medicine, che ha guidato la parte clinica dello studio. «Possono aver aspettato anni per un trapianto e poi averne finalmente ricevuto uno da una persona cara o da un donatore deceduto. Poi – continua – passano il resto della loro vita a preoccuparsi della salute di quell’organo. Il nostro nuovo dispositivo potrebbe offrire una certa protezione e il monitoraggio continuo potrebbe fornire rassicurazioni e tranquillità».
«È fondamentale identificare gli eventi di rigetto non appena si verificano», dice John A. Rogers della Northwestern, pioniere della bioelettronica che ha guidato lo sviluppo del dispositivo. «Se il rigetto viene individuato precocemente, i medici possono somministrare terapie antirigetto – prosegue – per migliorare la salute del paziente ed evitare che perda l’organo donato. Nel peggiore dei casi, se il rigetto viene ignorato, può essere pericoloso per la vita; quanto più precocemente si riesce a individuare il rigetto e a intraprendere le terapie, tanto meglio è; abbiamo sviluppato questo dispositivo con questo obiettivo». Aggiunge Surabhi Madhvapathy, ricercatrice del laboratorio di Rogers e prima autrice dell’articolo: «Ogni individuo risponde in modo diverso alla terapia antirigetto. Il monitoraggio in tempo reale della salute dell’organo trapiantato del paziente è un passo fondamentale verso un dosaggio e una medicina personalizzati».
Per le moltissime persone che vivono con un rene trapiantato, il monitoraggio della salute dell’organo è un lavoro continuo. Il modo più semplice per monitorare la salute dei reni è la misurazione di alcuni marcatori nel sangue. Tenendo sotto controllo i livelli di creatinina e di azoto ureico nel sangue, i medici possono farsi un’idea della funzionalità dei reni. Ma i livelli di creatinina e di azoto ureico nel sangue possono fluttuare per ragioni non correlate al rigetto dell’organo, per cui il monitoraggio di questi biomarcatori non è né sensibile né specifico, e talvolta porta a falsi negativi o positivi. L’attuale «gold standard» per rilevare il rigetto è la biopsia, in cui il medico utilizza un lungo ago per estrarre un campione di tessuto dall’organo trapiantato per poi analizzare il campione alla ricerca di segni di rigetto imminente. Ma le procedure invasive come le biopsie comportano il rischio di molteplici complicazioni, tra cui emorragie, infezioni, dolore e persino danni involontari ai tessuti vicini.
«I tempi di esecuzione possono essere piuttosto lunghi, le frequenze di monitoraggio sono limitate e richiedono analisi fuori sede», evidenzia Gallon. «Potrebbero essere necessari quattro o cinque giorni per ottenere i risultati, e quel periodo potrebbe essere cruciale per prendere una decisione tempestiva per la cura del paziente», aggiunge. Il nuovo impianto bioelettronico della Northwestern monitora la temperatura. L’aumento della temperatura è, infatti, un tipico indicatore di processi infiammatori in atto. «Disporre di questo dispositivo sarebbe utile per i medici e rassicurante per i pazienti», conclude Joaquin Brieva, altro scienziato della Northwestern Medicine.
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