Il professor Guido Rasi: «Da un punto di vista strategico risulta evidente come avere una popolazione di insegnanti protetta e protettiva costituisca uno dei cardini della ripresa dell’insegnamento e della formazione dei nostri giovani»
Un concetto su cui ci siamo già soffermati è la necessità di abbinare interventi farmacologici ad interventi di sanità publica non-farmacologici. Gli interventi non-farmacologici presuppongono ovviamente una visione a medio-lungo termine, interventi strutturali ed una scelta di priorità delle attività da proteggere. La scuola, in qualsiasi contesto sociale e politico, è indubbiamente una priorità altissima. Purtroppo, dal punto di vista strutturale, sia nella scuola che nei trasporti, le autorità competenti sono rimaste completamente inerti, almeno fino all’ultimo decreto che ha portato novità proprio in questi due ambiti. In troppi settori l’atteggiamento è stato passivo, forse nella speranza che la pandemia fosse alla fine e che le vaccinazioni facessero il miracolo. In questo senso un mezzo miracolo c’è stato: la campagna vaccinale dopo un inizio disastroso ha preso il passo giusto e per l’inizio delle scuole avremo oltre il 60% della popolazione vaccinata.
Ma quale è veramente la popolazione vaccinata? Non sarà vaccinata la popolazione fino a 12 anni, sarà parzialmente vaccinata quella dai 12 ai 25 anni e purtroppo mancano all’appello oltre 200mila tra insegnanti e personale scolastico, con grandi disparità tra regione e regione, che non hanno risposto all’appello nel momento per loro riservato. Saranno però “costretti” a farlo da settembre, stando a quanto stabilito dal Governo, pena la sospensione della retribuzione a partire dal quinto giorno di assenza.
Sarà importante capire quanti studenti si farà in tempo a vaccinare o si vorranno vaccinare, ma il cardine dell’attività scolastica rimangono i docenti. L’assenza di un docente è un problema per diverse decine di ragazzi, mentre l’assenza temporanea di un singolo studente è un problema molto più gestibile.
Da un punto di vista strategico risulta quindi evidente come avere una popolazione di insegnanti protetta e protettiva costituisca uno dei cardini della ripresa dell’insegnamento e della formazione dei nostri giovani. Per non parlare del problema etico e di quale insegnamento possa fornire un insegnante che non senta il dovere di vaccinarsi. Per quanto riguarda la popolazione studentesca, è vero che rappresenta la fascia meno vulnerabile (ma non invulnerabile!) ma anche quella socialmente più “attiva”, quindi ottimo veicolo per il virus e soprattutto per la diffusione delle varianti.
Il problema delle varianti costituisce il motivo principale per cui tutta la popolazione studentesca (12- 25 anni) dovrebbe vaccinarsi, come ci insegna l’esperienza indiana e la diffusione della variante Delta, che si è potuta affermare proprio perché il virus poteva finalmente circolare.
Rimane la questione della possibile contagiosità dei vaccinati. Va chiarita una cosa: il vaccino non fornisce uno schermo permanente ed impenetrabile dinanzi a bocca e naso di un individuo, quindi il virus entra liberamente nelle nostre viee aeree e tenta di riprodursi. Cosa succede se si è vaccinati? Se non vengono inalate quantità massive, viene eliminato rapidamente dalla barriera immunitaria che il virus trova all’interno dell’ospite. Se invece viene inalato in grandi quantità o trova una barriera immunitaria insufficente può iniziare a riprodursi e quindi poter essere a sua volta trasmesso, generalmente in quantità modesta o causare una malattia da Covid, anche questa generalmente molto più modesta. Ricordiamoci che c’è una grande differenza tra essere infettati ed essere malati.
I numeri comunque parlano chiaro: il 95% dei ricoverati e praticamente il 100% dei decessi avviene tra i non vaccinati a prescindere dall’età. Da ultimo, ma non meno importante, per tutti gli studenti che non faranno in tempo a vaccinarsi va messo in atto un sistema di diagnosi e tracciamento efficiente ed agile.
La struttura Commissariale ha dimostrato di saper agire ed implementare i piani in tempi rapidi. L’Istituto Superiore di Sanità ha tutte le competenze per indicare quali modelli di campionamento della popolazione seguire, le autorità sanitarie dovranno solo fornire le linee guida e dare disposizioni chiare. La DAD è evitabile.
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