Quasi 20mila firme per istituire una sorta di camera di compensazione nelle diatribe tra medici e pazienti. «L’obiettivo è collaborare e non combattere» così Barbara Cittadini, Presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata
«Innescare meccanismi di conflittualità, non sempre supportate da motivazioni reali, rischia di far saltare il sistema, non solo quello sanitario ma l’intero sistema Paese». Il monito arriva forte e chiaro da Barbara Cittadini, Presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata in riferimento allo spot, andato in onda in tv per varie settimane, che spronava i cittadini a rivolgersi a vie legali in casi di malasanità per ottenere risarcimenti. «C’è chi esercita i propri diritti – prosegue la Cittadini -, ma anche chi specula», e a farne le spese non sono solo i pazienti, ma anche i medici.
«Recrudescenza di aggressioni, diritti lesi», la professione sanitaria oggi non è facile da svolgere, ribadisce la presidente Aiop. Proprio per questo è stata promossa una petizione sostenuta dal network legale Consulcesi “Stop all’odio verso i medici. Subito il Tribunale della Salute” rilanciata su Change.org, che prevede l’istituzione di un Tribunale della Salute che possa svolgere il ruolo di camera di compensazione nelle diatribe tra medici e pazienti. Tantissime le adesioni che ad oggi sfiorano le 20mila firme.
«Dobbiamo distinguere chi ha avuto realmente leso un proprio diritto, il diritto alla salute, e chi invece ne approfitta – prosegue la Cittadini -. Noi riteniamo che in tal senso una regolamentazione completa sia necessaria; la legge Gelli è intervenuta su questi aspetti ma senza decreti attuativi di fatto non è completa e ancora oggi non è possibile implementare la normativa così come era stata immaginata».
«I governi degli ultimi anni hanno cercato reiteratamente di metter mano e di trovare una soluzione a questo problema, ma evidentemente manca la quadra è la criticità permane sia per i pazienti che per i medici che per le strutture sanitarie».
Deresponsabilizzare i professionisti sanitari non è certo la soluzione, sottolinea la presidente ma anche «attivare dinamiche di conflitto costose diventa controproducente». È assolutamente necessario «trovare una soluzione perché i medici devono assumersi la responsabilità, devono essere perseguibili nell’esercizio della loro professione e le strutture devono garantire il massimo della qualità dell’organizzazione in termini strutturali, tecnologici e di risorse umane. Ma è pur vero – conclude -, che lavorare in un clima di terrore non giova a nessuno».