Giunta (SIMeVeP): “Carne sicura. Basta cuocerla. I Medici Veterinari della Asl Foggia stanno controllando le macellerie locali: nessun caso di positività alla trichinosi tra i campioni esaminati”.
Stanno bene e si stanno curando a casa le persone risultate positive al parassita trichinella, in provincia di Foggia. Solo una donna è stata ricoverata, anche per altri motivi, all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. «I casi di trichinosi accertati finora sono 5, tra questi due fanno parte di uno stesso nucleo familiare, altri due appartengono ad un’altra famiglia, mentre il quinto caso non ha alcun legame di parentela con il resto dei contagiati – racconta a Sanità Informazione Renato Paolo Giunta, Medico Veterinario, vice presidente SIMeVeP – . La positività di altre 5 persone è tuttora in corso di accertamento».
Si ipotizza che gli individui risultati positivi al parassita trichinella, che si trasmette all’uomo esclusivamente per via alimentare, abbiano mangiato carne di cinghiale. «L’Asl di competenza – continua Giunta – è a lavoro per verificare l’origine del parassita. I Medici Veterinari della Asl Foggia stanno controllando anche le macellerie locali, senza riscontrare ad oggi alcun caso di positività tra i campioni di carne prelevati».
I primi casi in Puglia sono stati accertati all’inizio del mese di febbraio, ma la situazione è pienamente sotto controllo. «Il contagio avviene esclusivamente per via alimentare – precisa il Medico Veterinario -. Corre maggiori rischi chi consuma carne di suidi, selvatici o domestici, o equina cruda o poco cotta. L’essicamento, la salamoia o l’affumicatura non rendono inattivo il parassita trichinella che, invece, può essere inattivato con congelamento delle carni ad una temperatura di -15° per almeno un mese o con la cottura a cuore delle carni a 70 gradi per almeno quattro minuti».
Tuttavia, il pericolo di mangiare carne suina o equina infestata da trichinella, in Italia come nel resto d’Europa, è quasi del tutto irrilevante. «Tutte le carcasse di suini ed equini al mattatoio e prima di essere messe in commercio, vengono sottoposte ad un esame sistematico “esame trichinoscopico”, teso ad accertare l’eventuale presenza del parassita trichinella – spiega il vice presidente SIMeVeP -. Per questo, le carni, provenienti dal territorio Italiano o dai Paesi europei, sono del tutto affidabili».
Anche per i selvatici esisteste una filiera di controllo, «tanto che – racconta Giunta -, lo scorso anno nel Lazio sono stati riscontrati due casi di presenza del parassita in due cinghiali prima ancora che arrivassero al consumatore. I medesimi controlli possono essere effettuati, attraverso i Medici Veterinari dell’Asl locali, sulle carni di suini a seguito di macellazioni domestiche. Sono dunque proprio le specie selvatiche ad essere considerate più a rischio – aggiunge l’esperto -. Ad aumentare il rischio della presenza del parassita trichinella sono alcuni animali carnivori, per il nostro territorio devono essere menzionati la volpe rossa e il lupo. Questi selvatici – conclude il Medico Veterinario – possono rappresentare dei veri e propri serbatoi, capaci, in determinati ambienti, di conservarne la presenza nel tempo».
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