La malattia è sottodiagnosticata e uccide 1 paziente ospedaliero su 100. Manuel Monti, tra gli ideatori dello score: «La patologia non si manifesta subito perché uno dei fattori di rischio più importanti è l’immobilizzazione. Per questo è importante fare una corretta stratificazione del rischio e iniziare una terapia quando è necessario»
È una delle malattie cardiovascolari più comuni nei paesi occidentali. Ma è estremamente subdola e, se sottovalutata, può portare a conseguenze fatali. Parliamo della Tromboembolia venosa, spesso chiamata con l’acronimo TEV. Una malattia destinata inevitabilmente a crescere nei numeri essendo l’età uno dei fattori di rischio.
Per i medici, un osso duro: è una patologia in cui c’è sempre la difficoltà di stabilire quando avviare la profilassi preventiva, una scelta che spesso è guidata da alcuni ‘score’, sistemi a punteggio dettati da fattori di rischio e criteri medici. All’Ospedale San Giovanni “Calibita” Fatebenefratelli di Roma è stato presentato un nuovo ‘score’, il “TEVere score”, oggetto di un corso ECM organizzato dalla SIMEDET – Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica, elaborato da alcuni studiosi italiani per la prevenzione del Tromboembolismo venoso nei pazienti ricoverati in medicina interna e in medicina d’urgenza. Lo studio italiano è stato condotto in più di 20 centri ospedalieri su un campione statistico di oltre 1200 pazienti: questo strumento consiste in uno score di rischio che considera alcuni aspetti clinici del paziente al quale vengono assegnati punteggi specifici stimandone cumulativamente il rischio potenziale tromboembolico e la conseguente necessità di profilassi farmacologica.
Un corretto utilizzo di questo score permette la riduzione di embolie polmonari che hanno, soprattutto negli anziani, conseguenze spesso fatali. Il vantaggio del nuovo score è che per la prima volta sono stati studiati anche pazienti ricoverati nei reparti di medicina d’urgenza, che fino ad oggi non venivano considerati nei principali score attualmente utilizzati.
«La TEV è una delle principali patologie a livello mondiale che si può prevenire – spiega a Sanità Informazione il professor Manuel Monti, Direttore responsabile del 118 dell’Ospedale di Assisi e tra gli autori dello studio – Non si manifesta subito perché uno dei fattori di rischio più importanti è l’immobilizzazione. Quindi spesso alle patologie acute dei pazienti che arrivano in ospedale si associa l’allettamento: si immobilizzano durante il ricovero in reparto e questo aumenta comunque il rischio dell’evento tromboembolico nei primi giorni del ricovero. Quindi è importante fare una corretta stratificazione del rischio ed è importante iniziare una terapia quando è necessario».
Tra i fattori di rischio della TEV il tumore, l’allettamento, l’insufficienza respiratoria, le infezioni, l’età, un pregresso episodio di malattia tromboembolica, una storia di trombofilia. Per Tromboembolia venosa si intendono due patologie: si può manifestare con la trombosi venosa agli arti inferiori o con l’embolia polmonare, complicanza della trombosi venosa periferica e questa può essere mortale. Basti pensare che un paziente su 100 in ospedale muore per questa patologia.
«Purtroppo la malattia è sottodiagnosticata – aggiunge Giovanni Maria Vincentelli, internista e anch’esso tra gli autori dello score – perché non c’è una fruibilità di questi score. Ci si pensa ma al contempo può sfuggire. Dipende molto dal medico che trovi: c’è chi è fissato e ci pensa sempre, c’è chi non ci pensa mai. La cosa particolare che è emersa dal primo studio è che di fatto noi abbiamo preso in considerazione cinque score. In tutta questa popolazione, pur essendo ligi al dovere, se seguo uno score prendo sempre una popolazione. Ma ne sfugge sempre una parte. Il nostro obiettivo è quello di avere uno score che sia molto specifico e sensibile nello stesso tempo. Cercare di cogliere il massimo della prevenzione».
«La funzione degli score è quella di distinguere o individuare il paziente adatto da trattare con una profilassi adeguata – spiega Sergio Timpone, Direttore del Dipartimento di Emergenza del Fatebenefratelli di Roma – Il TEVere speriamo rappresenti una implementazione e che serva a circoscrivere ulteriormente il campione su cui lavoriamo. Fondamentale anche in questo campo la formazione continua perché adesso le novità, anche dal punto di vista farmacologiche, sono praticamente all’ordine del giorno, c’è tantissima letteratura che non tutti possono conoscere. Queste giornate di formazione sono importanti perché consentono a un pubblico più ampio di avere contezza di alcune cose che altrimenti resterebbero confinate solo agli addetti ai lavori. Su questo tema sono state presentati tanti casi di letteratura che ancora vanno implementati e ci sono studi in corso».