L’intervento multisciplinare condotto dai direttori di Chirurgia Toracica e Ortopedia dell’A.O.U. “Luigi Vanvitelli” fa scuola: «Casi del genere saranno sempre meno rari, puntare su risorse e formazione d’eccellenza»
È una storia di eccellenza, non solo sanitaria ma anche umana, quella che ha per protagonisti Mory, giovane immigrato ivoriano ventisettenne, e l’A.O.U. della Campania “Luigi Vanvitelli” che, con un intervento record, gli salverà la vita. Mory arriva in Italia qualche anno fa dalla Costa d’Avorio, a bordo di un barcone come tanti suoi conterranei, in cerca di un lavoro e di una vita migliore. Sbarca il lunario come manovale, ma ben presto la tubercolosi che aveva contratto negli anni precedenti esce dalla sua fase di latenza ed inizia a manifestarsi in tutta la sua gravità. Mory perde il lavoro a causa del progressivo deteriorarsi delle sue condizioni: la malattia non coinvolge solo il suo apparato respiratorio, ma gli ascessi tubercolari interessano anche la sua colonna vertebrale erodendola completamente.
Il ragazzo non riesce più a reggersi in piedi quando viene ricoverato presso il Policlinico “Luigi Vanvitelli” di Napoli, nel reparto di Malattie Infettive diretto dal prof. Nicola Coppola. Qui le cure vanno avanti per un anno, un periodo durante il quale scade il suo permesso di soggiorno. Sarà lo stesso primario ad adoperarsi per fornirgli un nuovo permesso e la documentazione necessaria per ricevere assistenza sanitaria. Dopo questo periodo di cure, debellata la fase attiva della tubercolosi, Mory viene accolto presso un’associazione umanitaria, in attesa di essere trasferito di nuovo al Policlinico “Vanvitelli”, questa volta nel reparto di Ortopedia diretto dal prof. Enrico Pola. Qui scatterà una vera e propria gara di solidarietà per Mory da parte di tutto il personale ospedaliero, che provvede a lui comperandogli pigiami, pantofole, vestiti. Il ragazzo trascorrerà in reparto qualche mese, necessario a prepararsi per l’intervento chirurgico che gli salverà la vita.
L’intervento, estremamente complesso, è stato condotto al Policlinico “Luigi Vanvitelli” dal prof. Alfonso Fiorelli, direttore U.O.C. Chirurgia Toracica e dal prof. Enrico Pola, direttore della Clinica Ortopedica. «È stato necessario – ci racconta Fiorelli – procedere su un doppio binario: da un lato il professor Pola ha ricostruito la colonna vertebrale completamente erosa inserendo apposite placche di titanio. Dall’altro ho proceduto, attraverso un’ampia toracotomia, a ripulire l’infezione nella cavità pleurica, che intrappolava il polmone impedendone la naturale espansione, e ad asportare quindi l’ascesso polmonare eliminando anche il pus, per evitare che questo arrivasse a contatto con le placche in titanio aumentando il rischio di infezione. Gli ascessi tubercolari sono estremamente complessi da trattare, in quanto tendono alla calcificazione per cui il polmone si attacca alla pleura. Risolvere queste aderenze comporta un elevato rischio di emorragie e complicanze. Siamo invece orgogliosi di poter dire che l’intervento, durato circa 10 ore, ha avuto un esito positivo e senza alcuna complicanza. Ad oggi il paziente mantiene già la posizione eretta e sta muovendo i primi passi con l’ausilio di un girello. Adesso si trova in un centro di fisioterapia specializzato per la riabilitazione».
«Sicuramente il buon esito di questa storia ha avuto due protagonisti fondamentali – spiega Fiorelli -. La multidisciplinarietà è stato il faro che ha condotto questo caso ad altissima specializzazione: il trattamento dell’infezione acuta e successivamente l’intervento che ha interessato l’ambito ortopedico e quello di chirurgia toracica permettendo al paziente di tornare a respirare e a camminare, gli hanno salvato la vita». D’altra parte, la formazione d’eccellenza degli operatori coinvolti gioca un ruolo importantissimo in casi del genere: le complicanze della tubercolosi non sono certo il pane quotidiano per le Chirurgie degli ospedali italiani. «Questo tipo di intervento – osserva Fiorelli – è stato il primo che abbiamo affrontato in un paziente tubercolare: la malattia è stata debellata nel nostro Paese, ma con la globalizzazione e l’immigrazione casi del genere potrebbero non essere più una rarità. Sarà sempre più importante investire in risorse e formazione adeguate – conclude il chirurgo – due aspetti su cui oggi l’AOU “Luigi Vanvitelli” ha dimostrato di essere un’eccellenza».
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