Le associazioni dei familiari chiedono più attenzione ai MMG e alle Istituzioni per avere corsie preferenziali nelle indagini diagnostiche per i pazienti con tumore al pancreas e test genetici per chi ha familiarità
Un vantaggio di tre anni sul tumore del pancreas: è questo il sorprendente risultato che si potrebbe ottenere in futuro grazie all’intelligenza artificiale. Un traguardo che consentirebbe a medici e pazienti di scoprire in anticipo quella che è considerata una delle forme di tumore più letale. Oggi, infatti, una diagnosi precoce viene fatta solo ad un 12 percento dei casi il che determina una sopravvivenza a 5 anni del 44 percento dei pazienti. Quando invece la diagnosi è tardiva e il tumore già metastatizzato, la percentuale di sopravvivenza a 5 anni scende sotto al 10 percento. Stime che secondo lo studio americano pubblicato su Nature Medicine potrebbero essere riviste se si riuscisse ad anticipare la scoperta della malattia. Perché ciò possa accadere, però è necessario che i medici tengano monitorato lo stato di salute dei pazienti più a rischio con esami approfonditi come la tomografia computerizzata (CT) o la risonanza magnetica (MRI).
Sono nove milioni le cartelle cliniche americane e danesi analizzate nello studio pubblicato su Nature Medicine. Numeri che hanno evidenziato una maggiore predisposizione ad ammalarsi di tumore al pancreas nei tre anni successivi i soggetti con diabete, calcoli biliari, anemia, alti livelli di colesterolo, obesità, malattie infiammatorie intestinali, cancro al colon, oltre ad altre patologie del pancreas. «È importante un’attenta osservazione dei sintomi, che spesso sono vaghi, da parte del medico di medicina generale», dice a Sanità Informazione Viviana Ferrari Presidente di Nastro Viola. L’associazione di familiari e pazienti attiva dal 2015. «Siamo nati per sopperire ad una assenza di informazioni su una patologia considerata rara fino a pochi anni fa, mentre oggi l’incidenza del tumore al pancreas è in aumento anche tra soggetti giovani. La cura non c’è e dunque noi facciamo campagne di sensibilizzazione e raccogliamo fondi per la ricerca» spiega Viviana. La donna ha perso, a causa della malattia, due familiari e chiama in causa i medici di medicina generale. «Il problema è che il paziente lamenta sintomi generici che il medico di base spesso riporta ad una gastrite o allo stress, invece di indagare e dunque quando si scopre il tumore è tardi» dice.
Radioterapia interna e farmaci biologici negli ultimi mesi hanno fatto sperare in una cura finalmente efficace, ma non per tutti. «Purtroppo, i casi ripresi su giornali e media riguardavano forme meno aggressive o senza metastasi – ammette la presidente dell’associazione Nastro Viola -. La maggior parte dei tumori al pancreas quando individuati, invece, sono già metastatizzati e dunque impossibili da arrestare. L’unica arma ad oggi efficace è la prevenzione. Riconoscere la patologia in una fase iniziale permette di effettuare la terapia e l’intervento. In quel caso ci sono buone speranze di arrivare ad una sopravvivenza di cinque anni».
Per “correre” più veloce del tumore sono necessari esami specifici: «Con test genetici e risonanza magnetica è possibile riconoscere il cancro nella prima fase – spiega la Presidente dell’Associazione Nastro Viola -. Chi ha familiarità può fare il test per sapere se è presente il gene mutato BRCA 1 o 2. Questo è uno strumento utile che permette ai soggetti a rischio di tenere monitorata la situazione. Resta il fatto però che non tutti i medici di medicina generale danno le informazioni ai pazienti e ai loro familiari. Quindi non sanno che sottoporsi a periodici esami può salvare loro la vita. Io ne sono consapevole perché ci sono passata due volte, ma chi si trova a gestire per la prima volta un tumore al pancreas in famiglia se non viene informato di questa possibilità non sa dell’esistenza di un gene mutato. Questa attenzione spetta al medico di medicina generale che deve avere tutta l’anamnesi e fornire le informazioni sui test genetici. Questo è un grave limite».
Se la diagnosi precoce con test genetici e risonanza magnetica rappresenta la miglior arma attuale contro il tumore al pancreas, esiste poi un’altra emergenza denunciata dalle associazioni di pazienti. «Si tratta della gestione dei malati in ospedale. Lunghe liste d’attesa impediscono il rispetto dei tempi degli esami, così spesso la risonanza magnetica anziché essere fatta nei tre mesi, slitta a quattro, cinque o anche sei mesi. Questo non permette di avere una aderenza corretta della terapia e di conseguenza può comprometterne l’efficacia. Anche un eventuale accesso al pronto soccorso comporta dei tempi di attesa molto lunghi nonostante il codice rosso e questo per un paziente che sta combattendo contro il tumore al pancreas è devastante. In Lombardia esistono le Pancreas Unit, ma per il momento funzionano solo a livello teorico. Dovrebbe esserci una corsia preferenziale per l’accesso in ospedale o alle indagini diagnostiche; invece, non è così e su questo noi ci battiamo con forza. Con l’ex viceministro Pierpaolo Sileri avevamo avviato un tavolo di lavoro, ma poi il governo è cambiato ed ora è tutto da rifare».
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