La Presidente di Europa Donna Rosanna D’Antona esorta il Ministero della Salute a sbloccare il fondo destinato alla gratuità del test: «Per ogni giorno di ritardo 25 donne iniziano un percorso chemioterapico inutile»
Parte da Europa Donna Italia la campagna “Chemio se posso la evito”. Il movimento per i diritti delle donne operate al seno è pronto ad una nuova sfida per indagare sul DNA delle donne con tumore al seno, come spiega ai nostri microfoni la presidente Rosanna D’Antona.
«Ogni anno nel nostro Paese 8 mila donne con carcinoma mammario vengono sottoposte inutilmente alla chemioterapia», dichiara la presidente del movimento nato nel 1994 da un’idea del professor Umberto Veronesi e presente oggi in 47 Stati con all’attivo tre grossi risultati conseguiti: screening per le donne over 50, ricostruzione della mammella dopo un intervento di mastectomia a carico del Sistema Sanitario Nazionale e l’istituzione del 13 ottobre come giornata nazionale di sensibilizzazione sul tumore al seno.
Per stabilire quando la chemioterapia si può evitare occorre sottoporre la paziente con un carcinoma mammario ad un test genomico. «Qualche mese fa è passato in legge di Bilancio un fondo per sostenere la spesa di un test genomico che oggettivamente è piuttosto costoso, si aggira intorno ai 2000 euro, ma è comunque meno caro della chemioterapia che nel 30% dei casi potrebbe essere evitata».
I test genomici oggi però sono gratuiti solo in Lombardia, Toscana e nella Provincia autonoma di Bolzano. Nel 2021 il Ministero per uniformare i trattamenti ha stabilito un fondo in grado di rendere il servizio gratuito a tutte le donne malate di cancro al seno, ma oggi non è ancora stato sbloccato. Per rendere accessibile il test a tutte le donne malate di cancro al seno Europa Donna Italia ha perciò creato questa campagna che in poco tempo è diventata virale.
«Oggi abbiamo raccolto 15 mila firme con una social challenge, ovvero 15 mila persone hanno partecipato con un click e sono state raggiunti oltre 564mila utenti». “Se posso la evito” dice la campagna di Europa Donna, ma la presidente Rosanna D’Antona tiene a precisare: «Non è che tutte le volte che c’è una diagnosi di tumore al seno si può evitare la chemioterapia. Ci sono casi, purtroppo, dove è molto evidente che la chemio è l’unica soluzione. Non vorrei creare false aspettative. È solo il patologo che può decidere di fronte a una perplessità o ad una verifica se fare il test».
«Con questa richiesta sulla rete siamo arrivati alla conclusione del percorso – ammette D’Antona -, perché il Ministero della Salute deve firmare il decreto attuativo. Sappiamo che c’è un comitato di lavoro che si sta adoperando per chiudere il cerchio, però noi stiamo accelerando perché per ogni giorno di ritardo ci sono 25 donne che iniziano un percorso chemioterapico inutile».
Alla campagna “Chemio: Se Posso la Evito” hanno aderito Società Scientifiche e Associazioni tra cui AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), SIAPEC (Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citopatologia Diagnostica), Cittadinanzattiva, EURAMA, Fondazione Insieme Contro il Cancro, Fondazione ONDA, Fondazione The Bridge, Komen, Seno network, Incontra donna onlus e Lilt nazionale.
«L’iniziativa di Europa Donna ha voluto giustamente sollecitare l’opinione pubblica e le istituzioni sull’importanza dei vantaggi offerti dall’innovazione in oncologia – afferma Francesco Cognetti, Presidente di Insieme contro il Cancro e di Foce, Confederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi -. È stata dimostrata l’oggettiva utilità dei test genomici che quindi devono essere disponibili e utilizzabili da parte dei clinici. Favorire ed incentivare l’appropriatezza terapeutica deve essere una delle priorità dell’intera sanità italiana soprattutto quando questa riguarda una neoplasia così fortemente diffusa».
«Questi esami rappresentano una fonte di risparmio importante per i conti pubblici – aggiunge Carlo Tondini, Direttore Oncologia Medica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo -. Nello studio BONDX, condotto in Regione Lombardia su 400 pazienti, abbiamo provato a quantificare da un punto di vista economico i vantaggi ottenuti. La ricerca ha evidenziato come l’uso di due test, da 2.000 euro ciascuno, abbia evitato una chemioterapia dal costo di 7.000 euro. Il risparmio diretto sulla spesa farmaceutica regionale ammonta a circa 3.000 euro per paziente a cui vanno aggiunti i costi indiretti per malati e caregiver. Abbiamo, inoltre, evitato ad una donna di essere sottoposta ad una chemioterapia, dopo l’intervento chirurgico, e preservato così la sua qualità di vita».
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