Presentata l’analisi di Europa Donna Italia condotta su 121 associazioni. Il 38% è impegnato sia all’interno delle Breast Unit sia sul territorio. Raccolti più di 13 milioni di euro. La presidente Rosanna D’Antona: «Nonostante la pandemia e il lockdown continua il supporto a pazienti, caregiver e cittadini nel pieno rispetto delle norme stabilite dalle autorità»
L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha messo a dura prova tutto il mondo del volontariato. Ciononostante, le attività dedicate a pazienti e caregiver, interessati dal tumore al seno, sono proseguite anche in un anno difficile come il 2020. In particolare, 3.922 volontari hanno elargito 170.000 ore di volontariato. Le diverse attività svolte hanno coinvolto in tutto circa 29.500 pazienti e 69.000 donne non malate che sono state avvicinate a livello di sensibilizzazione alla prevenzione.
Sono questi alcuni dati contenuti nel Rapporto Analisi del valore sociale generato dalle associazioni di volontariato del tumore al seno Anno 2020. Il documento è promosso da Europa Donna Italia; l’analisi è stata svolta sulla base dei questionari inviati a 121 associazioni (di cui 104 della rete di Europa Donna, 16 di A.N.D.O.S. e 1 di Incontradonna).
«Per il secondo anno consecutivo è proseguito il nostro impegno per dare rilevanza al valore sociale generato dalla nostra rete di associazioni presenti sull’intero territorio nazionale – afferma Rosanna D’Antona, presidente Europa Donna Italia -. Il 2020 è stato un anno del tutto straordinario, che ha fortemente limitato l’operato della rete. Molte associazioni sono riuscite, con grande volontà, a portare avanti parte delle attività reinventandosi, altre purtroppo non hanno potuto far altro che sospendere le proprie iniziative nel rispetto del distanziamento sociale imposto dalle autorità ministeriali».
«È un documento prezioso quello che realizza Europa Donna anche quest’anno – sottolinea Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla salute -. Rende testimonianza del bene che la rete del volontariato professionale sa generare per sostenere le donne, le madri, le compagne e tutte le loro famiglie in un percorso di prevenzione e cura del tumore mammario. Una cura che è assistenza, orientamento, aiuto pratico e conforto declinati al femminile. Sono davvero colpito dai numeri che l’analisi restituisce: raccontano di una “forza motrice” che non si è arrestata per la pandemia e che ha saputo riconvertirsi per raggiungere le donne anche a distanza, per avvicinarle alla diagnosi precoce e tempestiva, ancora più cruciale in un momento storico in cui la prevenzione ordinaria ha dovuto cedere il passo davanti all’emergenza sanitaria imposta dal Covid-19».
Nello specifico, secondo l’analisi, la maggioranza (nel 54% dei casi) delle associazioni opera sul territorio in sedi autonome, a volte messe a disposizione dal comune di appartenenza, a volte da fondazioni o in affitto. Il 38% delle associazioni è attivo sia all’interno delle Breast Unit sia sul territorio. Solo il 2% opera esclusivamente all’interno delle Breast Unit, dato questo che indica un riconoscimento troppo basso del lavoro offerto da questa forza lavoro volontaria, a complemento dell’attività sanitaria dei centri dedicati. Circa il 60% delle attività del volontariato viene indirizzato in attività di advocacy, interloquendo a livello territoriale con gli enti comunali, provinciali, regionali e, in alcuni casi, anche a livello nazionale. Le altre attività riguardano in prevalenza servizi di informazione e sensibilizzazione sui corretti stili di vita e la prevenzione primaria (84%), di guida alla prevenzione secondaria con particolare attenzione all’adesione agli screening, organizzati (81%), di assistenza alle pazienti, rapporto con gli ospedali e sostegno al benessere specie post terapie (dal 59% al 64%). una parte del tempo viene dedicata alla formazione e ancora all’assistenza ai familiari e caregiver.
Sempre nel 2020 la raccolta fondi tra tutte le associazioni ed Europa Donna Italia ha totalizzato un importo superiore a €13milioni. I fondi sono stati destinati a progetti e attività delle associazioni nelle aree dedicate all’acquisto di strumenti per gli ospedali, borse di studio, servizi di assistenza all’interno degli ospedali (fisioterapie, supporto psicologico, visite specialistiche ecc.) o fuori da essi (servizi di assistenza legale; trasporti; corsi di yoga e sport, scrittura e painting per le pazienti in terapia; banche delle parrucche e corsi di trucco ecc.); campagne di sensibilizzazione in favore di donne e pazienti del territorio. La quasi totalità delle associazioni (il 94%) ha dichiarato di essere riuscita a continuare a operare in modo ridotto, mediato dall’elemento digitale, in smartworking, in tutte le relazioni che fino all’anno precedente avvenivano in presenza e inventando letteralmente formule nuove di assistenza e tele-relazioni che probabilmente continueranno a persistere, per efficienza, anche in futuro.
L’analisi contiene anche un interessante apprezzamento del ministro del lavoro Andrea Orlando che, nell’introduzione, ha dichiarato che «esperienze associative e di volontariato, aiutano le istituzioni, il decisore pubblico, a innovarsi nelle strategie dell’offerta di servizi di importanza fondamentale per la piena integrazione lavorativa delle donne. Servizi accessibili e intelligenti, capaci di adattarsi alle esigenze reali della vita delle donne in tutte le varie dimensioni in cui essa si svolge. Ma perché questo si realizzi occorre innanzitutto che le istituzioni, a tutti i livelli, si mettano in una posizione di dialogo e di ascolto delle esperienze, favorendo la partecipazione e l’innovazione nell’attuazione di quello straordinario principio di sussidiarietà che ci appartiene come Dna».
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