Le donne che seguono la terapia di modulazione ormonale (HMT) per il trattamento del cancro al seno hanno un rischio del 7% più basso di sviluppare la malattia di Alzheimer e altre forme di demenza in età avanzata
Le donne che seguono la terapia di modulazione ormonale (HMT) per il trattamento del cancro al seno hanno un rischio del 7% più basso di sviluppare la malattia di Alzheimer e altre forme di demenza in età avanzata. Questo incoraggiante risultato emerge da uno studio condotto dagli scienziati dell’Università di Pittsburgh e del Magee-Womens Research Institute, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of American Medical Association Network Open. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno utilizzato i dati di un database federale, all’interno del quale sono state selezione le donne di età pari o superiore a 65 anni che tra il 2007 e il 2009 avevano ricevuto una diagnosi di cancro al seno.
I ricercatori hanno così individuato 18.808 pazienti in tutto, il 66% delle quali aveva ricevuto laterapia di modulazione ormonale entro tre anni dalla diagnosi. Dal follow-up, durato circa 12 anni, è stato possibile riscontrare che il 24% della coorte che aveva ricevuto HMT ha sviluppato l’Alzheimer o un’altra forma di demenza, a fronte del 28% nell’altro sottogruppo. L’effetto protettivo, riportano gli esperti, diminuiva con l’età e variava in base alla provenienza etnica. L’uso della terapia di modulazione ormonale, precisano gli esperti, è associato a una diminuzione complessiva del rischio relativo di sviluppare demenza, con un effetto protettivo più pronunciato nelle pazienti di età compresa tra 65 e 69 anni.
Le donne di colore di età compresa tra 65 e 74 anni che avevano ricevuto l’HMT sono risultate avere a un rischio del 24% più basso di sviluppare demenza, che scendeva al 19 per cento dopo i 75 anni. Per le pazienti bianche, invece, il tasso di rischio è risultato dell’11% nella prima fascia d’età, e nullo al di sopra dei 75 anni. “Non conosciamo i meccanismi alla base di questa disparità – commenta Modugno – per questo sarà necessario condurre ulteriori indagini, considerando anche partecipanti più giovani e gruppi etnici più variegati. Ad ogni modo, questi risultati evidenziano l’importanza di essere consapevoli dei fattori individuali del paziente quando si prescrivono farmaci o si sviluppano piani di trattamento. Dobbiamo valutare i singoli individui cercando di ottimizzare i risultati e ridurre al minimo i rischi per le pazienti”.
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