Salute 30 Gennaio 2025 12:05

Tumore al seno: scoperte cellule “bersaglio” per l’immunoterapia

I risultati di uno studio condotto dal Cnr-Ieos e dall’Università Federico II di Napoli hanno individuato in un particolare tipo di cellule del sistema immunitario un bersaglio da colpire per l'immunoterapia
Tumore al seno: scoperte cellule “bersaglio” per l’immunoterapia

I linfociti T regolatori (Treg), un particolare tipo di cellule del sistema immunitario, rappresentano un bersaglio da colpire per consentire al nostro organismo di riattivare la risposta antitumorale e distruggere il tumore al seno. A scoprirlo è uno studio svolto congiuntamente da ricercatori dell’Istituto per l’endocrinologia e l’oncologia sperimentale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ieos) e dell’Università Federico II di Napoli. I risultati, pubblicati sulla rivista Science Advances, aggiungono un importante tassello alla comprensione delle complesse interazioni tra il sistema immunitario e il tumore alla mammella, aprendo la strada allo sviluppo di nuove strategie per la prognosi e la cura di questa patologia.

Le cellule Treg sono presenti ad alti livelli nei tumori con prognosi più sfavorevole

Nello studio i ricercatori hanno scoperto il ruolo prognostico delle cellule Treg nel tumore al seno presenti ad alte concentrazioni sia nei tumori primari sia nel sangue delle donne con una prognosi più sfavorevole. Queste cellule sono inoltre associate allo sviluppo di microambienti tumorali particolarmente aggressivi. In condizioni normali i linfociti Treg sono deputati al controllo delle risposte immunitarie dell’organismo, mantenendone l’equilibrio. Ma in questi tipi di cancro possono essere un bersaglio importante di cura: se eliminate selettivamente, infatti, il carcinoma mammario può essere distrutto in maniera efficace.

Le cellule Treg svolgono un ruolo cruciale nel decorso dei tumori

Lo studio è iniziato nel 2016 grazie al sostegno ottenuto nell’ambito del bando TRIDEO cofinanziato da Fondazione AIRC per la ricerca su cancro e da Fondazione Cariplo. “I linfociti Treg – spiega Veronica De Rosa, immunologa del Cnr-IeoS che ha coordinato lo studio – svolgono un ruolo cruciale nel decorso dei tumori e in particolar modo del carcinoma mammario. Essi, infatti, limitano la risposta immunitaria antitumorale attraverso l’espressione di molecole di superficie inibitorie, note con il nome di checkpoint. Ciò in pratica favorisce la progressione e la successiva metastatizzazione del tumore. Tuttavia, se i linfociti Treg sono bloccati, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, ciò potrebbe permettere al sistema immunitario di riattivarsi per distruggere il tumore. Questo è proprio il principio su cui si basa l’immunoterapia, che molto spesso ha proprio i linfociti Treg quale bersaglio terapeutico”.

Individuata proteina “chiave” per misurare Treg nel sangue

La messa a punto di una strategia basata sull’eliminazione delle cellule Treg al fine di indurre o incrementare la risposta immunitaria antitumorale è, tuttavia, particolarmente complessa. “Numerose sperimentazioni cliniche in corso – sottolinea De Rosa – perseguono questo obiettivo. Tuttavia, i linfociti Treg non sono tutti uguali. Proprio la loro eterogeneità rende difficile identificare marcatori specifici con cui discriminare le Treg presenti nel sangue, importanti per mantenere una corretta funzione immunitaria, da quelle presenti all’interno del tumore e che gli consentono di crescere. Il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che i tumori primari di donne affette da carcinoma mammario ormono-positivo presentano una maggiore quantità di linfociti Treg che esprimono una variante della proteina FOXP3 (FOXP3E2). Misurando la loro frequenza nel sangue con la tecnica della biopsia liquida, siamo stati in grado di predire la prognosi delle pazienti già al momento della diagnosi”.

Possibile anticipare fino a 20 anni prognosi e ricadute

Lo studio è stato possibile grazie al contributo di Francesca di Rella, oncologa presso l’Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale, e di Antonello Accurso, chirurgo oncologo dell’Università Federico II di Napoli: negli ultimi cinque anni in entrambi i centri sono state arruolate nello studio clinico pazienti con carcinoma mammario in fase precoce, prima che iniziassero la terapia. Inoltre, l’analisi computazionale di una banca dati nota come The Cancer Genome Atlas (TCGA) su circa mille pazienti è stata condotta da Antonio Pezone, patologo molecolare, e da Irene Cantone, genetista. Le loro analisi hanno confermato che misurando i linfociti Treg che esprimono FOXP3E2 all’interno del tessuto tumorale è possibile anticipare fino a vent’anni sia la prognosi sia le possibili ricadute non solo nelle donne con carcinoma mammario (di tutti i sottotipi), ma anche in pazienti affetti da carcinoma papillare renale, carcinoma a cellule squamose della cervice e adenocarcinoma polmonare.

 

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