Un gene mutato, che può essere ereditato dalla propria famiglia, potrebbe aumentare negli uomini il rischio di sviluppare il tumore della postata. Lo suggerisce uno studio del Vanderbilt University Medical Center, Stati Uniti, pubblicato sulla rivista JCO Precision Oncology. Il gene in questione si chiama WNT9B, responsabile dello sviluppo embrionale della prostata. Ma secondo i nuovi risultati rappresenterebbe anche un potenziale fattore di rischio tumorale.
Lo studio si basa sui dati di 5 popolazioni indipendenti, che hanno coinvolto un totale di mezzo milione di pazienti provenienti da Stati Uniti e Europa. Il gene mutato WNT9B sembrerebbe associato a una probabilità da due a 12 volte superiore di poter manifestare nel corso della vita un tumore prostatico. “A differenza del cancro al seno, attualmente sono stati individuati relativamente pochi geni ad alto rischio per il cancro alla prostata”, commenta Jeffrey Smith, professore associato di Medicina presso la Divisione di Medicina Genetica e primo autore dello studio. “Il rischio ereditario di tumore alla prostata è circa il doppio rispetto a quello del tumore al seno ed anche la sua complessità genetica è sensibilmente superiore, rappresentando un limite importante per lo sviluppo di studi globali”, aggiunge.
Una mutazione genetica patogena si associa a un cambiamento nella sequenza del DNA in cui un gene alterato aumenta la propensione di avere o di essere a rischio per un determinato disturbo o una malattia genetica, come il cancro. Le varianti patogene possono essere ereditate da un genitore o verificarsi nell’arco della vita. I geni ad alto rischio per il cancro alla prostata includono WNT9B, HOXB13 (anch’esso legato anche nello sviluppo embrionale della prostata), il locus 8q24 e BRCA2. “Il rischio di tumore alla prostata dovuto alla mutazione patogena WNT9B è paragonabile al rischio di tumore al seno legato a mutazioni patogene regolarmente attestate”, dice Smith. “La conoscenza delle mutazioni ereditarie orienta la selezione di trattamenti efficaci e può avere importanti implicazioni per identificare persone a rischio famigliare elevato”, conclude.
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