Negli ultimi decenni siamo riusciti a massimizzare le risposte del tumore del retto alla combinazione di terapia medica e radioterapia prima dell’intervento, tanto da aumentare fino circa il 30 % la percentuale di pazienti che ottiene una risposta completa e può quindi evitare l’intervento chirurgico. A fare il punto sono gli esperti della Società Italiana di Chirurgia
Negli ultimi decenni siamo riusciti a massimizzare le risposte del tumore del retto alla combinazione di terapia medica e radioterapia prima dell’intervento, tanto da aumentare fino circa il 30 % la percentuale di pazienti che ottiene una risposta completa e può quindi evitare l’intervento chirurgico. E’ quanto sottolineeranno gli esperti all’incontro regionale della Società Italiana di Chirurgia (SIC), intitolato “Attualità nell’ambito delle terapie integrate dei tumori del retto”, che si terrà domani all’Istituto Europeo di Oncologia.
Il tumore del retto colpisce ogni anno 50.500 italiani. “Nella maggior parte dei casi la chirurgia è tuttavia necessaria, ma il progresso delle tecniche di intervento, fra cui la robotica, ha permesso di ridurre gli interventi demolitivi, ottenendo di evitare, o ridurre, la sindrome post-resezione del retto, che può essere molto invalidante per il paziente”, dichiarano i responsabili scientifici dell’evento Luigi Boni (Chirurgia Generale e Mini Invasiva della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano), Uberto Fumagalli Romario (Chirurgia Apparato Digerente e Tumori Neuroendocrini, IRCCS IEO Milano) e Maria Giulia Zampino (Oncologia Medica Gastrointestinale e Tumori Neuroendocrini, IRCCS IEO Milano).
“Inoltre, lo screening molecolare dei tumori del retto e l’introduzione nella pratica clinica di diversi farmaci immunoterapici hanno aperto nuove frontiere per il trattamento anche in fase precoce di questo tumore”, aggiungono. “La possibilità concreta di evitare la chirurgia – spiega Zampino – è stata dimostrata anche in IEO ove sono stati trattati 46 pazienti nell’ambito dello studio italiano NoCut, coordinato dai colleghi di Niguarda, che prevedeva l’uso di una chemioterapia di induzione seguita dalla chemio-radioterapia standard, riportando remissione completa di malattia nel 38% dei casi. I risultati dello studio saranno a breve oggetto di pubblicazione”.
“L’interazione tra chirurgo, oncologo, radioterapista, con l’apporto innovativo della diagnostica endoscopica e radiologica sono diventati sempre più importanti – dichiara Fumagalli Romario – per la gestione ottimale dei pazienti con adenocarcinoma del retto, un tumore in aumento costante, anche nei pazienti con età minore di 50 anni, e con possibili conseguenze significative sulla qualità di vita del paziente, soprattutto in caso di resezione del retto. Per questo è fondamentale che chi ha una diagnosi o una sospetta diagnosi si rivolga a un centro oncologico specializzato, perché il trattamento tempestivo e all’avanguardia può fare la differenza per tutta la vita. Va sempre ricordato che lo strumento più potente nelle mani di ognuno di noi rimane la diagnosi precoce. La raccomandazione che vale per tutti è quindi di aderire senza riserve allo screening per la ricerca del sangue occulto a partire da 45-50 anni e, se necessario, eseguire la colonscopia”.
“Siamo in un momento di grandissimi progressi sia dal punto di vista tecnologico che prettamente oncologico, con terapie sempre più personalizzate, anche a livello genetico, e approcci chirurgici che, nel rispetto della radicalità oncologica, diventano sempre meno invasivi per i nostri pazienti”, sottolinea Boni. “Queste evoluzioni riguardano soprattutto il tumore del retto; è quindi fondamentale l’aggiornamento e il confronto multidisciplinare”, conclude.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato