La ricercatrice: “È una delle cause principali di morte da cancro nelle donne a livello globale, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni non hanno dimostrato un beneficio di sopravvivenza significativo per le pazienti con malattia localmente avanzata ad alto rischio”
“Per la prima volta, in oltre 20 anni in cui non vi sono stati reali progressi, il trattamento di immunoterapia più chemioradioterapia, cambia lo standard di cura per le pazienti con tumore della cervice uterina ad alto rischio. L’aggiunta dell’immunoterapia con pembrolizumab alla chemioradioterapia consentirà di portare ad una potenziale guarigione un maggior numero persone”. Ad assicurarlo è Domenica Lorusso, professore di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University e direttore del Programma di Ginecologia Oncologica Humanitas San Pio X di Milano, principal investigator di uno studio sull’argomento. La ricerca, pubblicata su The Lancet , mostra come, grazie al trattamento di immunoterapia più chemioradioterapia, l’82,6% delle pazienti con tumore della cervice uterina ad alto rischio sia vivo a distanza di tre anni.
La ricerca italiana cambia dunque la pratica clinica nel tumore della cervice uterina localmente avanzato ad alto rischio. Nello studio, l’immunoterapia con pembrolizumab, in combinazione con la chemioradioterapia concomitante, ha infatti ridotto il rischio di morte del 33% rispetto alla sola chemioradioterapia (Crt). La sopravvivenza globale a tre anni ha raggiunto l’82,6% nelle pazienti con nuova diagnosi che hanno ricevuto il regime immunoterapico rispetto al 74,8% per coloro che sono state trattate con la sola Crt. Ogni anno, in Italia, si stimano circa 2.500 nuove diagnosi di tumore della cervice uterina. “È una delle cause principali di morte da cancro nelle donne a livello globale, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni non hanno dimostrato un beneficio di sopravvivenza significativo per le pazienti con malattia localmente avanzata ad alto rischio – spiega Lorusso -. La combinazione di pembrolizumab con la chemioradioterapia concomitante aumenta in modo statisticamente significativo e clinicamente rilevante la sopravvivenza globale in queste pazienti. Per la prima volta in oltre 20 anni in cui non vi sono stati reali progressi, questa combinazione cambia lo standard di cura, finora rappresentato dalla sola chemioradioterapia concomitante”.
Un plauso alla ricerca arriva anche dalle Associazioni dei pazienti: “Lo studio Keynote-A18 evidenzia l’alto livello dei ricercatori italiani, che sono in grado di aprire nuove vie nella sfida alla malattia – afferma Francesco Perrone, presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Il tumore della cervice uterina colpisce spesso donne giovani, impegnate nella professione e nella famiglia, con figli piccoli. Inoltre, è una neoplasia molto sintomatica e dolorosa, che impedisce una vita sociale. Da qui l’importanza dell’innovazione che offre terapie che migliorano la sopravvivenza e permettono di ottenere, in alcuni casi, l’importantissimo obiettivo della guarigione”. L’eradicazione della malattia, che è quasi sempre causata dall’Hpv, il Papillomavirus umano, la più frequente infezione sessualmente trasmessa, “è possibile solo investendo in programmi di prevenzione – continua Perrone -. Le Call to action promosse dall’Oms, dalla European CanCer Organisation e dallo Europe’s Beating Cancer Plan della Commissione Europea mirano a eliminare il tumore della cervice uterina e tutti quelli Hpv correlati entro il 2030. È necessario agire su tre aree di intervento: la prevenzione primaria con il miglioramento della copertura vaccinale contro l’Hpv, la prevenzione secondaria con lo screening attraverso il Pap test o il test Hpv e l’accesso ai trattamenti per lesioni o cancro della cervice uterina”.
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