Per far fronte al crescente numero di tumori del sangue, occorre intervenire sui fattori di rischio e creare una oncoematologia del territorio per migliorare le condizioni dei pazienti
I dati dell’ultimo rapporto EIONET e EEA del 2022 rivelano che l’Italia è tra i paesi con più morti in Europa attribuibili all’inquinamento ambientale. Con 59 mila 641 decessi prematuri è seconda solo a Francia e Germania. Ad accendere i riflettori sulla possibile correlazione tra inquinamento e tumori del sangue è AIL con il Presidente Nazionale Pino Toro. Alla luce dei recenti studi epidemiologico realizzati dall’Istituto superiore di Sanità su 46 siti contaminati analizzati, è emerso infatti che nel 2022 ci sono stati 1409 decessi in età pediatrica e adolescenziale, e 999 tra giovani adulti. Numeri che mettono in evidenza la necessità di fare azioni urgenti a livello nazionale in materia di tutela ambientale e sicurezza alimentare.
Negli ultimi anni diversi studi hanno messo in luce una forte correlazione tra fattori ambientali, salute umana, degli animali e delle piante. «La normativa europea in materia ambientale è la più avanzata del mondo – sottolinea il Presidente Nazionale AIL –. Dovrebbe essere recepita dall’Italia più velocemente ai fini di una maggiore tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e all’ambiente. Sul piano della salute non è sufficiente agire sulla cura dei tumori, occorre intervenire sui fattori di rischio, ovvero sulla prevenzione e sulla tutela della salute. Per questo è indispensabile agire su diversi piani per mantenere l’equilibrio tra individuo e ambiente, in modo da realizzare un’efficace strategia di prevenzione e di benessere».
Migliorare le cure per una maggiore sopravvivenza e qualità di vita dei pazienti onco ematologici. Questo il messaggio della Lampada di Aladino, l’associazione impegnata nel progetto “Bridge the gap, per una nuova assistenza ai pazienti oncoematologici”. «Si tratta di una iniziativa per individuare i gap esistenti tra nord, centro e sud. Nel tentativo di migliorare le prestazioni erogate – spiega a Sanità Informazione Davide Petruzzelli, Presidente dell’associazione La Lampada di Aladino -. L’obiettivo è ottimizzare il percorso di cura dei pazienti affetti da tumore del sangue e indagare su possibili soluzioni per una nuova sanità. Un modello che parli di prossimità e di tecnologia».
Per arrivare ad una sanità nazionale più funzionale ai bisogni dei pazienti oncoematologici, il progetto Bridge the gap ha preso in esame tre realtà territoriali: Lombardia, Lazio e Puglia. «Abbiamo intervistato tutti gli stakeholders della filiera: clinici, programmatori sanitari, pazienti e associazioni per descrivere lo scenario esistente, verificare il gap – aggiunge Petruzzelli -. Da lì vogliamo costruire un modello da presentare il prossimo 30 maggio a Roma, in occasione di un convegno a Palazzo Ferraioli per portare una soluzione migliorativa alla luce di quanto evidenziato».
Mentre la Lombardia si gode la nomea di territorio privilegiato, ricco di eccellenze e cure sperimentali, in termini di gestione del paziente ha qualche problema da risolvere. In particolare, per Petruzzelli «le ematologie sono sature perché il numero dei pazienti è in crescita in quanto molte malattie del sangue, ad eccezione di alcune tipicamente infantili, riguardano la terza età – analizza -. Non solo, le nuove terapie garantiscono una sopravvivenza compresa tra 15 e i 20 anni e dunque i tumori del sangue stanno diventando sempre più malattie croniche, da curare e monitorare quotidianamente». Per non parlare poi della carenza di personale. Mancano medici e infermieri e questo non fa che aggravare la situazione negli ospedali. «La soluzione? – si domanda Petruzzelli, suggerendo la risposta -. Un maggior coinvolgimento del territorio con i medici di medicina generale perché i reparti devono garantire una maggiore attenzione ai soggetti in fase acuta».
Un modello virtuoso che punta sui medici di medicina generale, sempre più presenti sul territorio per gestire la lunga sopravvivenza dei pazienti. «Il sogno delle case di comunità abitate da medici di medicina generale consorziati è ancora lontano – fa notare il Presidente della Lampada di Aladino -, ma è importante andare in quella direzione perché occorre tenere presente la lunga sopravvivenza dei pazienti che, anche a distanza di anni, necessitano di un monitoraggio clinico per le sequele tardive della tossicità dei farmaci assunti. Nel mio caso, a distanza di 25 anni dalla guarigione, è emerso che il mio cuore sta invecchiando più velocemente rispetto alla norma a causa dei farmaci utilizzati per contrastare il tumore del sangue. Quindi è fondamentale monitorare questi pazienti con esami annuali».
Oltre alla decongestione dei reparti ospedalieri e alla lunga sopravvivenza è compito del territorio la gestione di alcuni servizi per i cronici come il supporto psicologico. «È importante quindi ragionare su una oncoematologia del territorio con uno scambio di dati tra medico di medicina generale e specialista – conclude Petruzzelli -. Oggi non esiste però una piattaforma informatica di scambio unica, ma ogni ospedale ha un proprio programma informatico che non sa dialogare con altre strutture. Dobbiamo lavorare per avere una piattaforma nazionale che sappia dialogare con le regioni e poi con gli ospedali e i MMG. Non tramite e-mail o WhatsApp, ma un’unica soluzione per mettere in rete tutti i dati sempre nel rispetto della privacy».
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