Salute 5 Giugno 2023 14:31

Tumori del sangue, Petruzzelli (Lampada di Aladino): «La scienza ci allunga la vita, ma il SSN non ne tutela la qualità»

Affidare il paziente lungo-sopravvivente alla medicina del territorio, costruendo un sistema di monitoraggio e follow-up omogeneo tra le regioni italiane è l’obiettivo numero di Bridge the Gap un progetto ideato per realizzare un piano di intervento che definisca i principi inderogabili dell’assistenza del paziente con neoplasie ematologiche in Italia. Ne parla, in un’intervista a Sanità Informazione, Davide Petruzzelli, presidente de “La Lampada di Aladino”

Tumori del sangue, Petruzzelli (Lampada di Aladino): «La scienza ci allunga la vita, ma il SSN non ne tutela la qualità»

Le terapie oncologiche hanno fatto passi da gigante, assicurando a molti pazienti se non la cura definitiva, almeno una vita più lunga. Ed ora, mentre gli scienziati continuano a sperimentare nuovi trattamenti, gli “amministratori” non si impegnano altrettanto, lasciando il Sistema Sanitario Nazionale e la sua organizzazione decisamente indietro. «Affidare il paziente lungo-sopravvivente alla medicina del territorio è uno dei primi passi da compiere affinché progressi scientifici e gestione del paziente oncologico prendano la stessa direzione e procedano di pari passo», spiega Davide Petruzzelli, presidente de “La Lampada di Aladino”, in un’intervista a Sanità Informazione.

Bridge the Gap

Affidare il paziente lungo-sopravvivente alla medicina del territorio, costruendo un sistema di monitoraggio e follow-up omogeneo tra le regioni italiane è l’obiettivo numero uno di Bridge the Gap un progetto ideato per realizzare un piano di intervento che definisca i principi inderogabili dell’assistenza del paziente con neoplasie ematologiche in Italia. Nel nostro Paese, ogni anno, 35mila persone scoprono di avere un tumore del sangue. «In non pochi casi, la strada per avere una diagnosi corretta è piuttosto in salita. In altri, la diagnosi arriva decisamente in ritardo», dice il presidente de “La Lampada di Aladino”. E Davide Petruzzelli non parla solo in virtù della carica che riveste all’interno dell’associazione, ma anche da ex-paziente. «Alla fine degli anni ’90 mi è stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin, particolarmente resistente – racconta -. E tra il 1996 e il 1999 ho seguito cure piuttosto serrate ed invasive. Per questo, so bene quali sono le difficoltà di un paziente e, soprattutto, le sue reali necessità».

L’importanza del supporto psicologico

Offrire un supporto psicologico a tutti i malati oncologici, dalla scoperta della malattia e per tutto il resto della vita di un paziente, è per Petruzzelli un bisogno che non può essere più trascurato. «Da un’indagine piuttosto recente risulta che la figura dello psicologo sia disponibile nella maggior parte dei reparti di oncologia degli ospedali italiani. Tuttavia, in quasi la totalità dei casi, sono le associazioni di pazienti o di volontariato, a garantirne la presenza. I loro budget, frutto quasi sempre di donazioni, sono piuttosto limitati e insufficienti a garantire un servizio di supporto psicologico a tutti i pazienti e per un tempo adeguato alle loro esigenze. È necessario poter contare su uno psicologo quando si riceve la diagnosi, quando si affronta il percorso di cura. Quando si effettuano controlli per monitorare la situazione e, soprattutto, quando malauguratamente questi accertamenti non portano buone notizie».

Gli ematologi non sono burocrati

Oltre al supporto psicologico, così come evidenziato dal progetto Bridge the Gap, scarseggiano anche gli altri servizi di cure integrate come il supporto alla nutrizione, le cure palliative o l’attività sportiva. «Inoltre – continua Petruzzelli – è piuttosto carente la collaborazione multidisciplinare tra gli specialisti e tra le altre figure professionali coinvolte nella presa in carico del paziente. Spesso, il medico ematologo è chiamato a svolgere un numero eccessivo di incombenze amministrative, sottraendo tempo prezioso alla cura. Il carico burocratico degli specialisti dovrebbe essere diminuito attraverso l’ingaggio di nuove figure professionali che possano occuparsi nello specifico della comunicazione con il paziente, elaborando, fornendo e archiviando tutte le informazioni».

Dal sequenziamento genetico alla telemedicina

Oggi, grazie alle tecniche di sequenziamento genetico di ultima generazione (NGS) ed ai nuovi farmaci di origine biologica i pazienti con tumore del sangue hanno molte più speranze di un tempo. «Non vi è, però, uniformità di accesso ai più elevati standard di cura sull’intero territorio nazionale – sottolinea il presidente de “La Lampada di Aladino” -. Per questo,  andrebbero stanziate le risorse necessarie affinché i test genici e le terapie innovative possano essere offerte in modo omogeneo. Ancora, garantire un servizio di home delivery del farmaco ospedaliero in tutte le regioni italiane e creare una piattaforma che possa tenere sempre aggiornati i pazienti su tutti i trial clinici in corso. Infine – conclude – implementare l’utilizzo della telemedicina, ideando un sistema di monitoraggio e follow-up basato sul teleconsulto».

 

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