Salute 20 Giugno 2024 16:11

Tumori del sangue, Ail: “Oltre mezzo secolo di storia a sostegno di pazienti e ricerca”

In Italia, sono circa 500mila le persone che convivono con un tumore ematologico e sono 30mila le nuove diagnosi, grazie alla ricerca i pazienti hanno maggiori probabilità di guarire o di convivere per anni con la malattia mantenendo una buona qualità di vita

di I.F.
Tumori del sangue, Ail: “Oltre mezzo secolo di storia a sostegno di pazienti e ricerca”

Ottantatré sezioni Ail e 17mila volontari, 146 progetti di ricerca scientifica, 5.186 viaggi solidali e 670 posti letto per 62.898 notti offerte nelle Case alloggio Ail a 2.395 pazienti e caregiver. Sono solo alcuni dei numeri che dimostrano il grande impegno di Ail, una storia lunga 55 anni, durante i quali il coinvolgimento è diventato sempre più forte nel sostenere la ricerca e l’assistenza ai pazienti con tumori del sangue. “In Italia, sono circa 500mila le persone che convivono con un tumore ematologico e sono 30mila le nuove diagnosi – spiega l’Ail – grazie alla ricerca i pazienti hanno maggiori probabilità di guarire o di convivere per anni con la malattia mantenendo una buona qualità di vita. Sostenere i pazienti e rendere disponibili terapie sempre più efficaci sono obiettivi che possono essere raggiunti anche grazie alla costante e sempre maggiore collaborazione tra Ail, le società scientifiche e gli enti che operano in ambito ematologico”.

Un impegno lungo oltre mezzo secolo

Oggi, a Roma si è tenuta la conferenza stampa dedicata alla Giornata nazionale Ail, tradizionale appuntamento dell’Associazione per condividere i progressi della ricerca ematologica e per ribadire un messaggio importante a tutti i pazienti e ai loro familiari: “non siete soli”. Tema dell’incontro: “55 anni di Ail e di sostegno alla ricerca scientifica per la lotta ai tumori del sangue. Tecnologie biomolecolari e terapie innovative in Ematologia”. Un appuntamento importante a tema medico-scientifico con la partecipazione dei presidenti delle società scientifiche italiane e dei rappresentanti del Terzo settore. “Ail da 55 anni è impegnata quotidianamente nel migliorare la qualità della vita dei pazienti ematologici e delle loro famiglie, sostenendo la ricerca scientifica, l’assistenza sociosanitaria, e promuovendo la conoscenza dei tumori del sangue – afferma Giuseppe Toro, presidente nazionale Ail -. Dal 1969 siamo cresciuti molto, diventando un punto di riferimento per i pazienti ematologici italiani e i loro caregiver, e per l’ematologia italiana. Nel 1975 nascono le prime sezioni provinciali e ora siamo a 83 con oltre 17mila volontari. Ail stanzia annualmente milioni di euro per sostenere la ricerca scientifica e supporta il Gimema (Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto), gruppo di ricerca clinica cui collaborano le ematologie italiane – aggiunge Toro – per studiare le patologie e identificare i migliori protocolli diagnostici e terapeutici, e per finanziare assunzioni e borse di studio per data manager, psicologi, medici, ricercatori, biologi e infermieri. Ma il sostegno alla ricerca da solo non basta; è fondamentale anche essere al fianco dei pazienti durante tutto il percorso della malattia, che spesso risulta essere lungo e faticoso”.

La ricerca clinica e biologica

“Il sostegno di Ail per la ricerca clinica e biologica è un’attività che è sempre andata in parallelo con quella dell’assistenza ai pazienti e ai familiari – aggiunge William Arcese, presidente Comitato scientifico Ail -. Fare assistenza significa pertanto fare anche ricerca. Ail da sempre collabora con l’Associazione italiana ematologia-oncologia pediatrica (Aieop), Fondazione italiana linfomi (Fil), Gruppo italiano trapianto midollo osseo (Gitmo), Società italiana di ematologia (Sie) e Società italiana di ematologia sperimentale (Sies), che rappresentano le principali società scientifiche nell’ambito ematologico italiano. Ogni anno a queste società – ricorda Arcese – è riservato un finanziamento per progetti selezionati dalle stesse società scientifiche, che riguardano la ricerca clinico- biologica, la ricerca di base o iniziative educazionali. Quest’anno Aieop e Gitmo hanno previsto un sostegno legato alla gestione dei rispettivi Registri di pazienti. Fil vuole condurre uno studio per la valutazione della performance neuro-cognitiva sulla Qualità di vita nei giovani adulti affetti da linfoma. Gitmo, per la numerosità di studi previsti, ha necessità di potenziare il proprio Clinical trial office. Il progetto Sie è la continuità del Corso di aggiornamento per gli infermieri di ematologia, già indetto con successo lo scorso anno. Infine, il progetto Sies propone di sviluppare le Linee guida nelle malattie mieloproliferative e nella Leucemia mieloide cronica secondo la metodologia delineata dall’Istituto superiore di sanità in modo che diventino Linee guida nazionali”.

Gli anticorpi bispecifici

Oggi sono disponibili nel panorama terapeutico gli anticorpi bispecifici che si sono dimostrati molto efficaci. “Il panorama delle terapie si è arricchito: dalla leucemia linfatica acuta ai linfomi, che rappresentano il sesto o settimo tumore più frequente nel mondo occidentale, al mieloma, altro tumore ad alta incidenza – spiega Paolo Corradini, presidente Sie, direttore della Divisione di Ematologia, Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Cattedra di Ematologia, Università degli Studi di Milano -. Due patologie che rappresentano un grande numero di pazienti ematologici che possono essere trattati efficacemente con gli anticorpi bispecifici quando tutte le altre terapie sono fallite. Ci sono delle tossicità da gestire, ma che possono essere controllate favorendo una buona qualità di vita”. Gli “anticorpi bispecifici” rappresentano una “seconda rivoluzione dopo le Car-T – rimarca Corradini – Nell’ultimo anno sono state approvate le Car-T per diversi tumori ematologici: due nel linfoma follicolare, il secondo tipo di linfoma per frequenza; una per il linfoma diffuso a grandi cellule B, il primo per incidenza. Oggi tutti i pazienti con linfoma a grandi cellule refrattari o ricaduti entro un anno possono ricevere questa terapia subito dopo il fallimento della terapia di prima linea. Questo consente di anticiparne l’uso, guarire un maggior numero di persone, risparmiare trattamenti successivi ai pazienti e anche costi, ma soprattutto permette una migliore qualità di vita per i pazienti e le loro famiglie. Per la leucemia linfoblastica acuta, da dicembre scorso, viene rimborsata una nuova Car-T, per le persone con più di 26 anni. Novità anche per il mieloma multiplo: infatti, è disponibile in Italia da fine maggio di quest’anno una Car-T e un’altra è stata approvata, ma non ancora rimborsata da Aifa”.

Nuove prospettive di trattamento

“In futuro per il trattamento dei linfomi sarà sempre meno utilizzata la immuno-chemioterapia e aumenteranno sempre di più le terapie biologiche, cioè farmaci non chemioterapici mirati e strettamente indicati per particolari mutazioni dei vari tipi di linfoma – spiega Maurizio Martelli, professore di Ematologia, Sapienza di Roma, Direttore Uoc Ematologia Aou Policlinico Umberto I di Roma, Consiglio direttivo Fil – Oggi, abbiamo risultati importanti anche grazie alla sola immunoterapia. In particolare, anticorpi monoclonali bispecifici che riconoscono un determinato antigene cellulare e attivano i linfociti T del paziente stesso. La terapia cellulare Car-T, in cui gli stessi linfociti T del paziente vengono prelevati, ingegnerizzati e poi reinfusi nel paziente per aggredire la malattia”.

I trapianti allogenici e autologhi

Nel 2023 in Italia sono stati effettuati circa 5.600 trapianti tra allogenici e autologhi. “Lo scorso anno sono stati effettuati circa 2.000 trapianti allogenici e nel 50% dei casi è stato necessario utilizzare un donatore da registro. La patologia maggiormente trattata è stata la leucemia acuta mieloide (40%) seguita dalla leucemia linfoblastica (18%) – sottolinea Massimo Martino, presidente Gitmo, direttore Uoc Centro Trapianti Midollo Osseo e direttore ad interim Uoc Ematologia, Dipartimento Oncoematologico e Radioterapico, Grande Ospedale Metropolitano ‘Bianchi- Melacrino-Morelli’ di Reggio Calabria -. Per quanto riguarda il trapianto autologo ne sono stati effettuati circa 3.600 e il mieloma multiplo è la patologia dove trova la maggiore applicazione, seguito dai linfomi non-Hodgkin e Hodgkin e dalle leucemie. Inoltre, per la prima volta, sono stati effettuati in numero maggiore di trapianti autologhi in persone con più di 60 anni rispetto ai soggetti under 60, e sono aumentati anche quelli allogenici”.

I tumori in età pediatrica

I tumori ematologici infantili più frequenti sono le leucemie acute, linfoidi e mieloide, i linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin. In Italia i bambini a cui viene diagnosticato un tumore nella fascia 0-14 anni sono circa 1400-1500 all’anno e 800-900 nella fascia 15-18 anni. “La biologia molecolare individua le alterazioni molecolari che definiscono la patologia in maniera specifica e radicale. Questo fa sì che si intensifichino i protocolli a più alto rischio di recidiva e si riduca l’intensità e l’aggressività delle terapie per quelle patologie che hanno un’evoluzione migliore – dice Arcangelo Prete, presidente Aieop e direttore Ssd Oncoematologia Pediatrica Aou di Bologna Policlinico S. Orsola Malpighi -. Questo produce un minor numero di effetti collaterali e maggiori risultati in termini di guarigione e sopravvivenza. I migliori risultati si ottengono nelle leucemie e nei linfomi. In particolare, per le leucemie l’immunoterapia liquida con blinatumomab si è dimostrata talmente efficace che in via sperimentale viene utilizzata anche in prima linea. Le Car–T, sono un trattamento estremamente mirato e specifico nei confronti della cellula neoplastica e sono una terapia personalizzata che produce meno effetti collaterali a medio e lungo termine. Questo è fondamentale quando si tratta di bambini che una volta guariti hanno una aspettativa di vita pari a quella dei loro coetanei”.

Le neoplasie mieloproliferative croniche

Le neoplasie mieloproliferative croniche sono patologie tumorali associate ad alterazioni specifiche del Dna con alcune mutazioni ricorrenti e comprendono entità diverse. Sono malattie rare che globalmente hanno un’incidenza inferiore ai 5 casi per 100mila all’anno. “Le principali sono tre: trombocitemia essenziale, policitemia vera e mielofibrosi, di cui sono note due entità. La forma prefibrotica e quella franca di fibrosi che può presentarsi sia come forma primaria sia secondaria e rappresenta l’evoluzione da una precedente trombocitemia essenziale o policitemia vera – evidenzia Alessandro Vannucchi, presidente Sies, professore di ematologia, direttore della Sod Ematologia Crimm Centro ricerca e innovazione delle malattie mieloproliferative, direttore Scuola di Specializzazione in Ematologia Aou Careggi, Università di Firenze –. Da poco meno di venti anni è noto che si contraddistinguono per la presenza, nel 90% dei casi, di una mutazione, e le tre più ricorrenti sono dovute a una mutazione dei geni Jak2, Mpl e Carl, variamente espressi nelle diverse forme. Queste mutazioni incidono tutte, seppur in misura diversa, su una alterata segnalazione all’interno delle cellule staminali emopoietiche che comporta la loro disregolata proliferazione. Ma soprattutto questa stessa segnalazione intracellulare alterata contribuisce alla più generale compromissione infiammatoria sistemica e rende ragione di molti dei sintomi e delle manifestazioni cliniche di queste malattie”.

 

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