Salute 19 Maggio 2023 18:03

Tumori: In Lombardia 60 mila nuovi casi l’anno, al via la campagna

Da oggi a domenica a Milano la seconda tappa di “Lo so anch’io” per informare i cittadini sulla ricerca immunoncologica

Tumori: In Lombardia 60 mila nuovi casi l’anno, al via la campagna

In Lombardia si stimano circa 60 mila nuovi casi di cancro all’anno. Nel 2022 in Italia sono stati 390.700 e in 10 anni (2010-2020) nel nostro Paese le persone vive dopo una diagnosi  di tumore sono aumentate del 36% . L’innovazione, in particolare l’immunoncologia, ha offerto un contributo fondamentale nel migliorare la sopravvivenza dei pazienti, rendendo croniche neoplasie molto difficili da curare. Per raccontare a tutti i cittadini questi importanti risultati, da oggi 19 maggio fino a domenica 21 a Milano in piazza Argentina (dalle 10 alle 18) è in programma la seconda tappa della campagna di sensibilizzazione “lo so anch’io”, presentata oggi nel capoluogo lombardo.

Il ruolo dell’immunoncologia

Il progetto è realizzato da Bristol Myers Squibb, con la partecipazione di Tutor (Associazione tumori toracici rari), Apaim (Associazione pazienti Italia melanoma), Fiagop (Federazione Italiana associazioni genitori e guariti oncoematologia pediatrica), Vivere senza stomaco (si può), Favo (Federazione Italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) e Walce (Women against lung cancer in Europe), con il patrocinio di Aiom (Associazione italiana di oncologia medica). La campagna – si legge in una nota – prevede incontri nelle piazze, con la presenza delle associazioni pazienti, la distribuzione di materiale informativo e l’attivazione di un portale dedicato (www.bms.com/it/losoanchio.html).

Dove trovare le associazioni di pazienti nelle piazze di Milano

In piazza Argentina sarà allestito un gazebo per tutto il fine settimana dove si troverà una “macchina del tempo” per mostrare le tappe principali della storia dell’immunoncologia.

«L’immunoncologia ha aperto una nuova era nel trattamento dei tumori – spiega Filippo De Braud, professore ordinario di Oncologia medica dell’Università degli studi di Milano e direttore Dipartimento e Divisione di Oncologia medica della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei tumori di Milano -. È in grado di stimolare il sistema immunitario contro il cancro e di migliorare in maniera significativa la sopravvivenza, con una buona qualità della vita. I farmaci immunologici tolgono “il freno”, costituito dai recettori CTLA-4-e PD-1, con cui il tumore blocca la risposta del sistema immunitario. I risultati ottenuti sono importantissimi e queste terapie, utilizzate da sole o in combinazione, hanno profondamente modificato lo standard di cure in molte neoplasie, dal melanoma al carcinoma del polmone, a quello del rene, fino al mesotelioma pleurico e ai tumori gastrointestinali. L’Italia ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo  di queste molecole innovative».

I risultati raggiunti con l’immunoncologia

«In passato – sottolinea Braud – nel melanoma metastatico la sopravvivenza era soltanto di sei mesi. Oggi, grazie alla combinazione di due molecole immunoncologiche, nibolumab e ipilimumab, in prima linea in questo tumore della pelle metastatico, quasi la metà dei pazienti (48%) è viva a 7 anni e mezzo. Questa combinazione è disponibile anche nel carcinoma a cellule renali avanzato per il quale, storicamente, la sopravvivenza a cinque anni non superava il 13%. Oggi invece, grazie alla duplice immunoterapia in prima linea, il 43% è vivo a 5 anni. E negli adenocarcinomi gastroesofagei (stomaco, giunzione gastroesofagea ed esofago), in fase avanzata o metastatica, possiamo offrire ai pazienti un’opzione efficace in prima linea, costituita dall’immunoterapia con nivolumab in combinazione con la chemioterapia».

Il vantaggio terapeutico dell’immunoterapia

Anche nella forma più comune del tumore al polmone, quella non a piccole cellule – ricorda la nota – l’immunoterapia ha cambiato lo standard di cura. La sopravvivenza a cinque anni nella malattia metastatica era pari al 15%. «A tre anni è vivo il 27% dei pazienti trattati in prima linea con nivolumab più ipilimumab, in associazione con due cicli di chemioterapia, rispetto al 19% con la sola chemioterapia  – evidenzia Filiippo De Marinis, direttore della Divisione di Oncologia toracica dell’Istituto europeo di oncologia di Milano -. L’ulteriore vantaggio di questo approccio è rappresentato dall’utilizzo di cicli limitati di chemioterapia, che permette di ridurre gli effetti collaterali. Il paziente, in meno di un mese, termina la chemioterapia e prosegue con la sola immunoterapia. La riduzione della durata della chemioterapia porta indubbi vantaggi nella tollerabilità delle cure e nella qualità di vita».

Sopravvivenza mediana raddoppiata nel mesotelioma pleurico

«Per la prima volta in oltre 15 anni – prosegue De Marinis – l’immunoterapia ha cambiato anche il trattamento del mesotelioma pleurico, un tumore toracico particolarmente difficile da curare. Nella forma più aggressiva, quella non epitelioide, la combinazione di nivolumab e ipilimumab ha più che raddoppiato la sopravvivenza mediana, che ha raggiunto i 18,1 mesi rispetto a 8,8 con la chemioterapia standard. Sono risultati davvero significativi e inimmaginabili fino a poco tempo fa. Al dato della sopravvivenza si aggiunge quello  estremamente rilevante per i pazienti sulla qualità di vita, nettamente a favore dell’immunoterapia».

Un aiuto dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale

«Bms, per prima, ha creduto nell’immunoncologia, investendo tempo e risorse in questo approccio di cura innovativo – dichiara Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol Myers Squibb Italia -. Finora abbiamo ottenuto la rimborsabilità in Italia per 16 indicazioni tumorali in diverse fasi della malattia per i nostri farmaci immunoncologici, comportando un beneficio significativo in sopravvivenza per i pazienti. Continuiamo ad essere pionieri negli studi sulle nuove combinazioni di terapie e nella medicina di precisione, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone colpite da gravi malattie. Lo sviluppo di nuove tecnologie grazie alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale può permettere di individuare ulteriore setting di pazienti  che rispondono all’immunoncologia, estendendone così l’efficacia. È importante che i cittadini  siano informati sui progressi della ricerca, per questo promuoviamo la campagna “lo so anch’io”».

L’importanza dei centri specializzati

«Oggi, grazie all’innovazione – evidenza Laura Abate Daga, Presidente Tutor – sempre più pazienti possono affermare di aver superato il cancro, ma per i tumori rari con un’incidenza di 6/100 mila casi la strada è ancora lunga, anche se si stanno aprendo prospettive importanti anche in patologie aggressive come il mesotelioma. Per questi risultati dobbiamo ringraziare la ricerca scientifica e tutti i pazienti che accettano di partecipare alle sperimentazioni. Aderiamo alla campagna “lo so anch’io” che vuole sensibilizzare i cittadini, perché abbiamo fiducia nella scienza, nei clinici e nella ricerca. Siamo certi che, tutti insieme, potremmo fare più ricerca sui tumori rari, quali mesotelioma e tumori del timo. Sono ancora numerose le sfide da affrontare per migliorare le prospettive di cura. Ad esempio, èè  essenziale che la diagnosi e il percorso di cura di neoplasie rare come i tumori toracici rari e il mesotelioma siano definiti solo in strutture di riferimento, che garantiscono esperienza per numero di casi trattati e un approccio multidisciplinare».

I risultati raggiunti nell’oncologia pediatrica

«I risultati ottenuti grazie alla ricerca – conclude Paolo Viti, presidente di Fiagop – permettono di guarire definitivamente la maggior parte dei pazienti compiti da neoplasia sviluppata in età pediatrica. E sono ancora più incoraggianti le prospettive offerte da approcci innovativi, come quelli fondati sull’immunoncologia. È però importante ridurre le disparità regionali che costringono i bambini e le loro famiglie a spostarsi per le cure, anche per lunghi periodi, con un flusso che va dal sud al nord del Paese, con gravi conseguenze in termini psicologici ed economici. Per migliorare il livello di cure è necessario, inoltre, attivare le reti pediatriche all’interno delle Reti oncologiche regionali, così da raggiungere un’assistenza omogenea su tutto il territorio».

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