A Pavia festeggia 20 anni di attività il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica con una nuova piattaforma per mettere in rete i professionisti e favorire l’accesso dei pazienti oncologici. Orlandi: «Un acceleratore di particelle scompone gli atomi e dirige i fasci sui tessuti tumorali risparmiando le strutture sane»
È uno dei pochi centri al mondo in grado di trattare i cosiddetti tumori inoperabili o radioresistenti. Unico in Italia, si trova a Pavia a pochi metri dal Policlinico San Matteo. Per molti è l’ultima spiaggia, di sicuro nel CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) sono riposte le speranze di oncologi, scienziati e di tutti coloro che lavorano per strappare alla morte un paziente affetto da un tumore particolarmente aggressivo o raro.
Quest’anno festeggia i venti anni di attività, oltre 3300 pazienti trattati e 50 mila miliardi di cellule tumorali colpite. Numeri che sottolineano un lavoro intenso di studio e di ricerca che non si è mai fermato e che vede CNAO promotore, con AIRO Lombardia (Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica) e CODRAL (Collegio dei Direttori delle Radioterapie Lombarde), di una piattaforma che permette di condividere informazioni sui casi clinici, far dialogare attraverso un sistema di video consulto i medici che seguono i 32 mila pazienti oncologici trattati con radioterapia ogni anno in Lombardia e favorire l’accesso dei pazienti oncologici alle terapie più avanzate come l’adroterapia, che rappresenta il fiore all’occhiello di CNAO.
L’adroterapia è una tecnica radioterapica disponibile in soli cinque Paesi (Italia, Germania, Austria, Cina, Giappone), coperta dal Servizio Sanitario Nazionale, che prevede l’utilizzo di protoni e ioni di carbonio, particelle pesanti in grado di colpire con maggiore forza e precisione i tumori difficili da trattare.
«L’adroterapia è una forma evoluta di radioterapia – spiega Ester Orlandi, responsabile del dipartimento clinico di CNAO Pavia -. A differenza di quest’ultima che utilizza prevalentemente raggi X ed elettroni, l’adroterapia permette di colpire il tumore con fasci di protoni e ioni di carbonio. Si tratta di particelle più potenti ed efficaci nel distruggere le cellule del tumore che resistono alla radioterapia. Con l’adroterapia, inoltre, si colpiscono in modo mirato solo le cellule tumorali, a differenza di ciò che accade con la radioterapia che irradia anche i tessuti sani».
Per farlo il CNAO utilizza un sincrotrone che consiste in un macchinario di forma circolare con un diametro di 25 metri e una circonferenza di 80 metri. «I fasci di particelle prodotte sono trasferiti nelle sale dove i pazienti vengono sottoposti al trattamento – racconta Orlandi -. In questo modo, un grande e complesso acceleratore di particelle scompone gli atomi e dirige i fasci sui tessuti tumorali con un vantaggio: essere maggiormente performanti sul tumore e risparmiare le strutture sane. Il carbonio inoltre ha proprietà radioterapiche diverse da quelle dei protoni e fotoni ed è più efficace in alcune forme di tumore dove è in grado di determinare rotture complesse del DNA difficilmente riparabili».
Per individuare i tumori da trattare con adroterapia, occorre un’attenta valutazione da parte di una equipe di professionisti. «Molto dipende dalle caratteristiche intrinseche del tumore – puntualizza Orlandi – e dalle eventuali recidive. In tutti i casi parliamo di tumori rari come quelli delle ghiandole salivari, dei seni paranasali o della base cranica».
Dal 2017 l’adroterapia è entrata nei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) ed è impiegata nel trattamento di cordomi e condrosarcomi della base del cranio e del rachide, tumori del tronco encefalico e del midollo spinale, sarcomi del distretto cervico-cefalico, para spinali, retroperitoneali e pelvici, sarcomi delle estremità resistenti alla radioterapia tradizionale (osteosarcoma, condrosarcoma), meningiomi intracranici in sedi critiche (stretta adiacenza alle vie ottiche e al tronco encefalico), tumori orbitari e periorbitari (ad esempio seni paranasali), incluso il melanoma oculare, carcinoma adenoideo-cistico delle ghiandole salivari, tumori solidi pediatrici, tumori in pazienti affetti da sindromi genetiche e malattie del collageno associate ad un’aumentata radiosensibilità e recidive. Con i fasci di ioni di carbonio si possono trattare anche i tumori al pancreas, al fegato e recidive di tumori del retto e glioblastomi operati.
«Tutto viene deciso in un ambito multidisciplinare. Sia la proposta terapeutica che la discussione avvengono all’interno di tumor board e questo è un valore aggiunto – riprende la responsabile del dipartimento clinico di CNAO -. Una delle strategie che portiamo avanti e che arriva dal nord Europa è confrontare trattamenti con fotoni e protoni scegliendo quello gravato di una minore probabilità di effetti collaterali acuti e tardivi. Una peculiarità dei protoni invece, rispetto ai fotoni, è di essere più performante sui tumori risparmiando i tessuti che ha intorno. Quindi, con l’utilizzo di modelli matematici si definisce quale tecnica procuri danni minori. A breve partirà uno studio che confronterà protoni e fotoni nell’ambito di alcune forme di tumori dell’esofago e sarà utile valutare a quale delle due strategie è associato un minor tasso di effetti collaterali».
Tra le sinergie più attive di CNAO c’è quella con l’oncologia pediatrica, come sottolinea la stessa Orlandi. «Stiamo lavorando con l’Istituto dei tumori di Milano, il San Matteo di Pavia e il Gaslini di Genova. Fare rete è fondamentale perché dalla capacità di dialogare tra i vari professionisti si definiscono i pazienti da trattare. Un aspetto fondamentale su cui dobbiamo insistere perché anticipare i tempi delle cure molte volte determina il successo della terapia». Oltre a un consulto multidisciplinare, le candidature dei pazienti arrivano dall’estero attraverso un canale internazionale basato su tele-visite e gestito da un team di professionisti, o con autocandidature direttamente via e-mail.
Nei prossimi tre anni presso CNAO verrà allestita una nuova area per la protonterapia che andrà a migliorare la prestazione: «Si tratta di un nuovo acceleratore di protoni con una testata rotante in grado di colpire il tumore da molte direzioni mentre un acceleratore di neutroni sarà impiegato contro i tumori particolarmente difficili da trattare», conclude la dottoressa Orlandi.
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