Il Presidente del Maxi Ordine delle Professioni sanitarie ha scritto a Mattarella, Conte, Speranza, Fico, Casellati. «Se si parla solo di medici e infermieri rischia la tenuta morale e psicologica di una parte dei nostri professionisti sanitari». E aggiunge: «Sono sottoposti allo stesso stress ed esposti allo stesso rischio, ma a differenza dei medici e degli infermieri, quando escono dall’ospedale si sentono sconosciuti o dimenticati»
Il Presidente della Federazioni degli Ordini dei TSRM e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, Alessandro Beux, ha inviato una lettera indirizzata, tra gli altri, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Presidente del Senato della Repubblica Maria Elisabetta Alberti Casellati e a quello della Camera dei Deputati Roberto Fico, al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e al Ministro della Salute Roberto Speranza, per chiedere, in questa emergenza coronavirus, di parlare di «professionisti sanitari» e non solo di «medici e infermieri», non per un motivo di «visibilità» ma perché altrimenti si rischia per la loro «tenuta morale e psicologica». Ecco il testo della missiva:
«Illustrissimi, lo scorso 10 marzo ho scritto una lettera al Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, che ringrazio per la pronta pubblicazione sul loro sito Istituzionale. Il tema che poniamo non è la visibilità, ma la tenuta morale e psicologica di una parte dei nostri professionisti sanitari. A distanza di dieci giorni torno sul tema, perché voglio dar voce alle decine di migliaia di colleghi che stanno patendo la situazione creatasi e ormai diffusa: ogniqualvolta che si ringraziano, doverosamente, i medici e gli infermieri, questi ultimi sentono una carezza che trasmette loro la riconoscenza per quel che di meraviglioso stanno facendo in questa situazione emergenziale, trovandovi un poco di conforto, certamente utile a resistere e a reggere moralmente e psicologicamente.
Ma, ogniqualvolta che si ringraziano, doverosamente, solo i medici e gli infermieri, gli altri professionisti sanitari in prima linea contro il Covid-19, sentono un pugno nello stomaco che testimonia loro come il Paese non conosca o dimentichi la loro esistenza. Quel pugno colpisce chi sta già barcollando moralmente e psicologicamente. Mi immedesimo e Vi invito a immedesimarvi nei numerosi colleghi assistenti sanitari, fisioterapisti specializzati nella riabilitazione respiratoria, tecnici perfusionisti, di laboratorio, di radiologia, etc… che da settimane sono in trincea coi medici e gli infermieri, sottoposti allo stesso stress ed esposti allo stesso rischio, ma che, a differenza dei medici e degli infermieri, quando escono dall’ospedale si sentono sconosciuti o dimenticati da chi ha scritto una frase di ringraziamento su un pezzo di stoffa bianca appeso a un cancello o a un balcone; quando leggono il giornale o entrano nei social si sentono sconosciuti o dimenticati da chi ha scritto l’articolo o il post; quando seguono il telegiornale o altre trasmissioni televisive si sentono sconosciuti o dimenticati da chi, incessantemente, ringrazia pubblicamente i medici e gli infermieri, e non anche loro.
Il mondo delle professioni sanitarie è articolato e complesso, diventato molto diverso da quello di alcune decine di anni fa, la cui rappresentazione storica fa fatica a essere sostituita da quella che oggi aderirebbe alla realtà. I medici sono i medici, gli infermieri sono gli infermieri. Sono professioni sanitarie indispensabili alle quali va il nostro plauso e la nostra gratitudine, ma tutte le altre professioni non sono né al loro interno né da loro rappresentabili. In questa situazione emergenziale, affrontata con carenze di personale, qualche disfunzione organizzativa, mancanza di adeguati dispositivi di protezione individuale e sofferenza non solo fisica, ma sempre più anche emotiva e psicologica, le parole fanno e potrebbero fare molto di utile, se dette o scritte con la consapevolezza dell’effetto che generano in chi le ascolta o le legge. La nostra proposta: parliamo di professioni sanitarie, perché nel tutto c’è sempre ognuna delle parti che lo compongono. E se dopo le parole professioni sanitarie seguirà un elenco esemplificativo che richiama i medici e gli infermieri, andrà già molto meglio di oggi, perché a chi ascolterà e leggerà sarà chiaro che si è, finalmente, diffusa la consapevolezza che esiste un tutto di cui i medici e gli infermieri sono solo una parte».