Promosso dalla scienza come «svolta» contro l’obesità, ma acquistato e osannato da numerosi vip sui social come strategia per dimagrire, ora il farmaco semaglutide rischia di diventare introvabile per chi ne ha davvero bisogno, cioè i diabetici e gli obesi gravi. Per questo l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha inserito Ozempic, il nome commerciale della formulazione della semaglutide contro l’obesità, è stato inserito nella lista dei farmaci carenti
Promosso dalla scienza come «svolta» contro l’obesità, ma acquistato e osannato da numerosi vip sui social come strategia per dimagrire, ora il farmaco semaglutide rischia di diventare introvabile per chi ne ha davvero bisogno, cioè i diabetici e gli obesi gravi. Per questo l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha inserito Ozempic, il nome commerciale della formulazione della semaglutide contro l’obesità, è stato inserito nella lista dei farmaci carenti. In una nota informativa pubblicata sul sito Aifa si sottolinea che l’aumento della domanda di questa molecola «ha portato a carenze che si prevede continueranno per tutto il 2023». Sebbene la fornitura continui ad aumentare, si legge nella nota informativa, «non è possibile prevedere con certezza quando risulterà sufficiente a soddisfare completamente la domanda attuale».
L’Aifa invita gli operatori sanitari a informare i pazienti che utilizzano Ozempic del rischio di esaurimento del prodotto e a prevedere una terapia alternativa, per evitare conseguenze cliniche come l’iperglicemia. Nella nota viene ricordato che questo farmaco è indicato esclusivamente per il trattamento di adulti affetti da diabete mellito di tipo 2 non adeguatamente controllato, in aggiunta alla dieta e all’esercizio fisico. «Ogni altro utilizzo, inclusa la gestione del peso, rappresenta un uso off-label e attualmente mette a rischio la disponibilità di Ozempic per la popolazione indicata», si legge nella nota. Ma i buoi sono già usciti dal recinto. Troppo alta la popolarità acquisita dal nuovo farmaco che è difficile riuscire a dissuadere dal suo utilizzo come farmaco dimagrante.
«Semaglutide, che si somministra tramite un’iniezione a settimana, è un composto simile ad ormoni naturalmente presenti nel nostro organismo, detti glucagon like peptide 1 (GLP1)», spiega Marco Chianelli, coordinatore della Commissione Obesità e Metabolismo dell’Associazione Medici Endocrinologi. «Il farmaco non solo regolarizza il metabolismo, ma interviene sulle principali cause dell’obesità: riduce la pulsione verso il cibo e aumenta il senso di sazietà determinando una riduzione dell’introito calorico», aggiunge. Sviluppato inizialmente contro il diabete e commercializzato dalla Novo Nordisk, la semaglutide come trattamento anti-obesità è stata consacrata da uno studio del New England Journal of Medicine. I risultati hanno dimostrato che il farmaco è in grado di determinare una riduzione fino al 20% del peso corporeo di partenza.
Pochi mesi fa, invece, un nuovo studio pubblicato su Nature Medicine ha confermato l’efficacia di semaglutide anche sul lungo periodo. «Nello studio STEP5 i ricercatori hanno confermato l’efficacia di semaglutide nella riduzione del peso corporeo, che è quasi tripla rispetto a quella dei ‘vecchi’ farmaci per l’obesità, e ha dimostrato in un follow up di 2 anni che la sua efficacia è duratura nel tempo», sottolinea Chianelli. «Finché viene assunto, il farmaco mantiene la sua efficacia, non solo nella riduzione del peso corporeo, ma anche nel miglioramento di dislipidemia, ipertensione e glicemia, che aumentano il rischio cardiovascolare», aggiunge. Non a caso la semaglutide è stata inserita anche nella la prima Linea Guida «Terapia del sovrappeso e dell’obesità resistenti al trattamento comportamentale nella popolazione adulta con comorbilità metaboliche», recentemente pubblicata dall’Istituto superiore di sanità.
«Il farmaco è stato già approvato dall’Aifa, ma al momento non è prevista la rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale, contrariamente a quello che accade per il diabete», spiega Chianelli. «Qualcosa tuttavia, si muove nella direzione giusta: per la prima volta un Fondo Sanitario Integrativo Privato – sottolinea Chianelli – ha riconosciuto una parziale rimborsabilità fino a mille euro all’anno. Inoltre, c’è una domanda depositata l’anno scorso a marzo nella quale si chiede la rimborsabilità dei farmaci per l’obesità per i pazienti con obesità grave o complicata». Ma ora il problema non sembra essere tanto la rimborsabilità o meno del farmaco, ma la vera e propria disponibilità.
Nel frattempo l’industria continua a investire su nuovi farmaci che abbiano gli stessi effetti di semaglutide o anche migliori. Il più vicino a punto di arrivo è la società farmaceutica americana Eli Lilly con l’antidiabetico tirzepatide. Approvato già negli Usa dalla Food and drug administration (Fda) come cura contro il diabete, è stato valutato in vari studi clinici e si è confermato in grado di produrre una perdita di peso da record, addirittura paragonabile agli interventi chirurgici. Anche questo farmaco stimola il Glp-1, insieme a un ormone chiamato Gip che porta a sua volta alla secrezione di insulina. Sempre il New England Journal of Medicine ha dimostrato che tirzepatide riduce significativamente il peso corporeo fino al 20%, addirittura un po’ più di quanto in media fa semaglutide.
In gran movimento ci sono anche aziende più giovani, come SirtLife che proprio in un recente studio pubblicato su Cells ha dimostrato che il suo composto, SIRT500, è in grado di aiutare a prevenire alcuni processi cellulari associati all’obesità, principalmente trasformando il «grasso cattivo» in «grasso buono», cioè in grasso che brucia calorie invece di immagazzinarle. Soprannominata anche «pillola mima sport», SIRT500 è un potente mix di vitamina D, omega-3, lattoferrina, quercetina, vitamina C, zinco, melatonina e glutatione che, insieme ad alcuni attivatori di sirtuine, come la sinergia tra pterostilbene, politadina e onochiolo, sembrano in grado di replicare gli effetti benefici dell’esercizio fisico sulla salute. Queste sostanze infatti sarebbero in grado di attivare i cosiddetti «geni della longevità», che producono proteine che favoriscono il metabolismo. Siamo quindi vicinissimi a una nuova rivoluzione, in cui la lotta ai chili di troppo non si combatte solo a tavola o in palestra, ma anche con pillole e iniezioni.
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