Uno studio cinese ha sviluppato un algoritmo a cui basta un selfie per completare uno screening delle possibili patologie cardio-vascolari. Potrebbe essere una svolta per velocizzare i controlli, specie nei Paesi con meno risorse
Inviare un selfie al proprio medico per rilevare patologie cardiache. È la teoria di un nuovo studio pubblicato sullo European Heart Journal, il primo a dimostrare che un algoritmo con quattro fotografie può rilevare la presenza di malattie al cuore. I ricercatori, pur ammettendo di aver bisogno di testare ulteriormente il metodo, affermano che ha il potenziale per poter essere usato come strumento di screening, per poi indirizzare i pazienti verso ulteriori indagini cliniche.
«È un passo verso lo sviluppo di uno strumento basato sull’apprendimento profondo che potrebbe essere utilizzato per valutare il rischio di malattie cardiache, sia in ambulatori o tramite i pazienti che si scattano dei selfie per eseguire il proprio screening. Questo potrebbe guidare ulteriori test diagnostici o una visita clinica», ha affermato il professor Zhe Zheng, a capo della ricerca, vice direttore del Centro nazionale cinese per le malattie cardiovascolari, vicepresidente del Fuwai Hospital, dell’Accademia cinese delle scienze mediche e del Peking Union Medical College.
L’obbiettivo finale sarà quello di sviluppare uno strumento per le comunità ad alto rischio, che sia contemporaneamente economico, semplice ed efficace. Sono già note alcune caratteristiche del viso che sono associate a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari: rughe, diradamento dei capelli, xantelasmati (piccoli depositi gialli di colesterolo sotto la pelle, di solito intorno alle palpebre) e arcus corneae (depositi di grasso o colesterolo che si mostrano come un anello opaco bianco, grigio o blu sui bordi esterni della cornea). Ma è difficile per la gente rendersene conto.
Il prof. Zheng e i suoi colleghi hanno arruolato 5.796 pazienti di otto ospedali cinesi per lo studio, tra luglio 2017 e marzo 2019. I pazienti erano sottoposti a procedure di imaging per esaminare i loro vasi sanguigni, come l’angiografia coronarica o l’angiografia con tomografia computerizzata coronarica (CCTA). Sono stati divisi casualmente in gruppi di formazione (5.216 pazienti, 90%) e di convalida (580, 10%).
Infermieri di ricerca qualificati hanno scattato quattro foto facciali con fotocamere digitali: una frontale, due profili e una vista della parte superiore della testa. Hanno anche intervistato i pazienti per raccogliere dati sullo stato socioeconomico, sullo stile di vita e sulla storia medica. I radiologi hanno esaminato gli angiogrammi dei pazienti e valutato il grado di malattia cardiaca a seconda di quanti vasi sanguigni si sono ridotti del 50% o più (stenosi ≥ 50%) e della loro posizione. Queste informazioni sono state utilizzate per creare, addestrare e convalidare l’algoritmo di apprendimento. I ricercatori hanno quindi testato l’algoritmo su altri 1.013 pazienti di nove ospedali cinesi, arruolati tra aprile 2019 e luglio 2019.
Dalle indagini è venuto fuori che l’algoritmo ha superato gli attuali metodi esistenti di previsione della malattie cardiache, tra cui il modello Diamond-Forrester. Tra i pazienti del gruppo di convalida, l’algoritmo ha rilevato correttamente le cardiopatie nell’80% dei casi, mentre ne ha rilevato la mancanza nel 61% dei casi.
Il professor Ji, uno dei firmatari, ha dichiarato: «La guancia, la fronte e il naso hanno fornito più informazioni all’algoritmo rispetto ad altre aree del viso. Tuttavia, dobbiamo migliorare la specificità poiché un tasso di falsi positivi fino al 46% può causare ansia e disagio ai pazienti, oltre a sovraccaricare potenzialmente le cliniche con pazienti che richiedono test non necessari».
«Un processo di selezione che può essere fatto facilmente come fare un selfie – ha commentato il prof. Antoniades di Oxford – consentirà un flusso stratificato di persone che vengono immesse nei sistemi sanitari per i test diagnostici di prima linea».
Due i principali vulnus della ricerca, che Zheng e Ji progettano di migliorare. Il primo: la necessità di ampliare i test su altri gruppi etnici, che sono di fondamentale importanza per dare credito a un nuovo metodo di screening. Il secondo: la necessità di proteggere i dati delle persone che inviano i selfie.