In vista delle Giornate mondiali contro l’obesità (10 ottobre) e dell’alimentazione (16 ottobre), l’Ong pubblica la seconda edizione del report sulla malnutrizione infantile. In contemporanea torna la campagna #ceraunavoltalacena per accendere i riflettori sulle pericolose conseguenze della malnutrizione sulla salute dei più piccoli. Claudia Gerini testimonial d’eccezione
La culla della dieta mediterranea vanta un triste primato. È in Italia che si concentra il numero maggiore di bambini obesi e sovrappeso del Vecchio Continente. Parliamo di uno su tre nella fascia d’età 6-9 anni. Un dato che – seppur in diminuzione negli ultimi anni – resta allarmante. A contendersi il record con gli italiani, ci sono i vicini ciprioti, greci e spagnoli, a certificare il declino della dieta a lungo considerata l’elisir di lunga vita e ora costretta – complici crisi economica e povertà educativa – a cedere il posto a tavola al cosiddetto junk food, il cibo spazzatura. È quanto emerge dalla seconda edizione del Report di Helpcode sulla malnutrizione infantile, una fotografia preoccupante sullo stato di salute dei bambini in Italia e nel mondo.
Con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni e i media sulle pericolose conseguenze della malnutrizione infantile – in occasione della Giornata mondiale contro l’obesità (10 ottobre) e quella dell’alimentazione (16 ottobre) – anche quest’anno torna la campagna di Helpcode “C’era una volta la cena”.
Se si approfondisce la lettura del Report Helpcode si scopre che sono circa 100mila i bambini obesi o sovrappeso nel nostro Paese, con una prevalenza dei maschi (21%) sulle femmine (14%). A livello globale d’altra parte il numero di bambini di età inferiore ai cinque anni obesi o sovrappeso risulta in costante aumento e ha ormai superato quota 40 milioni, 10 milioni in più rispetto al 2000.
Siamo dunque difronte a un problema sanitario dagli enormi costi sociali ed economici. Basti pensare che solo nell’ultimo anno gli effetti di sovrappeso e obesità hanno causato 4 milioni di decessi a livello mondiale. L’impatto economico globale invece è stimato in 500 miliardi di dollari l’anno.
Realizzata con la collaborazione scientifica della UOC Clinica Pediatrica ed Endocrinologia dell’Istituto Giannina Gaslini, Università degli studi di Genova, la campagna ha l’obiettivo di promuovere attività di monitoraggio, educazione alimentare e prevenzione della malnutrizione, offrendo al contempo aiuto concreto attraverso un programma di Cash and Voucher concepito per garantire cibo sano alle famiglie in povertà.
Testimonial d’eccezione della campagna è, anche quest’anno, Claudia Gerini, protagonista di un video nel quale invita tutti a fare la propria parte nella lotta alla malnutrizione infantile donando un pasto sano a chi non può permetterselo: «Molti non hanno le risorse economiche per poter acquistare cibo di qualità per i propri figli. Molti altri non sanno quale sia la scelta giusta per un’alimentazione corretta».
Quando scarseggiano le risorse economiche per accedere a un’alimentazione sana, aumenta il consumo di cibi poco salutari. E la malnutrizione inevitabilmente fa da apripista a sovrappeso e obesità, che non sono mai indice di opulenza, piuttosto rappresentano il sintomo di una dieta contrassegnata da errori nutrizionali e consumo eccessivo di cibo spazzatura, privo di nutrienti ma altamente calorico.
D’altra parte, la malnutrizione infantile registra un impatto maggiore nelle famiglie con un più basso livello di scolarizzazione. Significativo notare come in Italia l’incidenza dell’obesità si dimezzi quando la madre è in possesso di un titolo di studio elevato.
Non a caso le famiglie del Centro e del Sud d’Italia – con livelli di istruzione, oltreché di reddito, più bassi rispetto alla media nazionale – registrano un’incidenza maggiore del fenomeno. La maglia nera va ai bambini campani (oltre il 40% sono sovrappeso e obesi), seguiti dai coetanei di Molise, Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia.
L’educazione alimentare è una delle armi principali a disposizione nel contrasto alla malnutrizione. Per questo il report di quest’anno si arricchisce di un contributo importante, il decalogo messo a punto dalla Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) con le 10+1 regole per una corretta alimentazione nei primi due anni di vita, un prontuario che tutti potranno scaricare dal sito e contribuire così a debellare la piaga della malnutrizione infantile.
«I numeri della malnutrizione infantile in Italia restano allarmanti. Per questo Helpcode rinnova il proprio impegno con due collaborazioni importanti: una con FIMP e l’altra con il Gaslini», spiega Alessandro Grassini, segretario generale di Helpcode.
La collaborazione porterà alla nascita il prossimo anno dell’Osservatorio nazionale sull’incidenza dell’obesità infantile, una raccolta di dati a livello nazionale che mira a fotografare l’incidenza del fenomeno su tutto il territorio.
«Le ricerche più recenti ci dicono che è necessario intervenire nei primi tre anni di vita. E per farlo dobbiamo conoscere abitudini alimentari e stili di vita dei pazienti a cominciare dalla gravidanza. Ma non basta. Dobbiamo investire nell’educazione alimentare delle famiglie e nella formazione mirata dei medici», osserva Mohamad Maghnie, responsabile dell’UOC Clinica Pediatrica del Gaslini.
Sulla stessa linea Mattia Doria, segretario nazionale alle attività scientifiche della FIMP: «Come pediatri di famiglia abbiamo lavorato molto in questi anni per diffondere i princìpi di uno stile di vita sano: alimentazione corretta fin dalla nascita e attività motoria. E i numeri ci danno ragione. Il fenomeno negli ultimi anni registra un’inversione di tendenza. Tuttavia l’eccesso ponderale infantile rimane un problema importante lungo tutta la Penisola, con gravi conseguenze sul futuro del Paese».
Lo studio condotto dal Gruppo di lavoro “Dieta Mediterranea in Pediatria” della FIMP Napoli su circa 300 bambini con meno di 36 mesi conferma la relazione tra intervento precoce del pediatra nell’introduzione della dieta mediterranea e prevenzione dello sviluppo di obesità e patologie correlate. L’analisi dei dati preliminari, infatti, conforta quanto rilevato nella pratica clinica, ovvero che a tre anni è ancora bassa la prevalenza dell’obesità mentre è possibile identificare i bambini a rischio (quelli in sovrappeso) attraverso un attento monitoraggio per mettere in atto, già prima dei tre anni, misure di prevenzione adeguate.