Lo studio, realizzato dell’Istituto dei Tumori e dell’Università Statale di Milano e condotto dal professor Raspagliesi, rivela: «Nell’espirato sono presenti dei composti organici volatili che sono legati alla presenza della malattia»
Un naso elettronico per tracciare la presenza di molecole volatili nel respiro di donne affette dal carcinoma ovarico. I risultati sono promettenti e aprono nuovi orizzonti per lo screening di un tumore che, ad oggi, purtroppo viene ancora scoperto troppo tardi, quando le strategie a disposizione non garantiscono percentuali elevate di efficacia.
Secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia (AIOM) e dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM), nel 2016 in Italia sono stati diagnosticati 5200 nuovi casi di carcinoma ovarico e per il 2020 ne sono attesi 5339. Il rischio di ammalarsi e di morire per questa malattia riguardano rispettivamente una donna su 74 e una su 139, con una sopravvivenza a cinque anni nettamente diversa a seconda dello stadio della malattia: raggiunge il 90% nel primo stadio, per scendere drammaticamente al 15-20% nel terzo e quarto stadio.
Ad oggi però, a causa di una mancanza di metodologie affidabili, la maggior parte delle diagnosi avviene nelle fasi avanzate della malattia. L’impiego del naso elettronico secondo le modalità della ricerca condotta dall’Istituto Nazionale Tumori e dall’Università Statale di Milano e pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Cancers ha proprio questa finalità.
«Lo studio parte da molto lontano – spiega Francesco Raspagliesi, Direttore dell’Unità di Oncologia Ginecologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori e prima firma del progetto –. Ho avuto l’idea di usare il naso elettronico per una diagnosi precoce del tumore ovarico nel 2005, quando questa tecnologia era usata in altri ambiti. Inizialmente ho incontrato una certa resistenza, prima Brescia e il Politecnico si sono rivelati poco motivati. Poi sono arrivato alla Statale dove c’è la professoressa Susanna Buratti, che non solo è stata una partner competente, ma anche entusiasta e coinvolta nello studio».
«Il tumore dell’ovaio, nella maggior parte dei casi, produce un volume di cellule cancerogene alto, e quindi ritengo che questo possa generare dei metaboliti che attraverso il sangue e filtrati dal polmone sono presenti all’interno dell’espirato. Da qui abbiamo cercato di capire come raccogliere il breath test e ci siamo resi conto, nel corso degli anni e a seguito di una serie di errori fatti, che non tutti i sacchetti che generalmente si utilizzano per il breath test sono adeguati per questo tipo di studio. Abbiamo sperimentato diverse soluzioni finché non abbiamo trovato quella giusta. Adesso siamo arrivati alla conclusione di uno studio che ci ha fatto capire che, attraverso il breath test, è possibile distinguere le pazienti con tumore all’ovaio da pazienti sane. Ciò significa che nell’espirato sono presenti dei composti organici volatili che in qualche modo sono legati alla presenza della malattia».
«Un apparecchio di questo tipo si usa molto per le sofisticazioni alimentari nell’industria per identificare contaminazioni batteriche in vari materiali. È costituito da sensori che hanno un’alta percezione delle sostanze per categorie di composti, ci sono sensori diversi per gruppi di sostanze in modo tale da avere un quadro ampio della traccia olfattiva. Nel caso del tumore all’ovaio non è costituita da tutte le categorie di sostanze, ma da specifiche che nella fase avanzata dello studio andremo ad individuare. Per ora abbiamo idea delle famiglie di sostanze che sono gruppi solfidrilici o composti solforati, ma dobbiamo ancora trovare con esattezza quali sono i più importanti, in modo da modificare il naso elettronico per migliorare la sensibilità ed individuare il gruppo di sostanze volatili alle quali fare riferimento per la diagnosi del tumore ovarico».
«Lo studio, durato 13 mesi, ha coinvolto 251 donne suddivise in tre gruppi: 86 con carcinoma ovarico, 51 con una diagnosi di masse benigne, 114 sane come gruppo di controllo. Per il test del respiro, sono stati raccolti campioni di aria espirata tra le 7 e le 7.30 del mattino a digiuno. Alle pazienti e al gruppo di controllo è stato chiesto di eseguire, attraverso un boccaglio, un singolo respiro lento, al fine di inglobare nella sacca anche il respiro alveolare, cioè la parte che viene espulsa dall’interno dei polmoni e delle vie aeree inferiori, dove avviene lo scambio gassoso con il sangue. L’obiettivo è di poter disporre di un test in grado di ritrovare e identificare la traccia olfattiva del tumore ovarico nelle donne apparentemente sane con una sensibilità significativa, pari almeno all’80%, e un’alta specificità, il più possibile vicino al 100%. È chiaro che ancora un po’ di ricerca è necessaria prima di arrivare a questo obiettivo, ma sappiamo che è una strada percorribile e quindi il test nel momento in cui verrà completata la ricerca per identificare l’esatta natura dei composti volatili che possono costituire dei marcatori utili per la diagnosi precoce del tumore ovarico, sarà destinato a pazienti sane e in modo non invasivo».
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