Salute 9 Novembre 2023 10:08

Un nuovo dispositivo legge il pensiero e lo traduce in parole

Un supporto rivoluzionario in grado di aiutare le persone che hanno perso la capacità di comunicare a causa di una malattia neurologica o un trauma. E’ quello che promette un nuovo dispositivo messo a punto da un gruppo di neuroscienziati, neurochirurghi e ingegneri della Duke University, che è in grado di leggere il pensiero e tradurlo in parole con una velocità senza precedenti

Un nuovo dispositivo legge il pensiero e lo traduce in parole

Un supporto rivoluzionario in grado di aiutare le persone che hanno perso la capacità di comunicare a causa di una malattia neurologica o un trauma. E’ quello che promette un nuovo dispositivo messo a punto da un gruppo di neuroscienziati, neurochirurghi e ingegneri della Duke University, che è in grado di leggere il pensiero e tradurlo in parole con una velocità senza precedenti. Si tratta di un’innovativa interfaccia cervello-computer, descritta sulla rivista Nature Communication.

Le persone pronunciano circa 150 parole al minuto

“Ci sono molti pazienti che soffrono di disturbi motori debilitanti, come la Sclerosi Laterale Amiotrofica o la Sindrome Locked-in, che possono influire sul linguaggio”, spiega Gregory Cogan, professore di neurologia presso la School of Medicine della Duke University e uno dei principali ricercatori coinvolti nel progetto. “Ma gli strumenti attualmente disponibili per permettere loro di comunicare – continua – sono generalmente molto lenti e macchinosi”. E continua: “Immaginate di ascoltare un audiolibro a metà velocità; questa è la migliore fluidità di decodifica del parlato attualmente disponibile, che si attesta a circa 78 parole al minuto. Tuttavia le persone pronunciano circa 150 parole al minuto e lo scarto tra la velocità del parlato e quella della decodifica è in parte dovuto al numero relativamente basso dei sensori relativi all’attività cerebrale che possono essere fusi su un pezzo di materiale sottile come la carta posta sulla superficie del cervello”.

Il dispositivo è stato creato con oltre 250 microscopici sensori cerebrali

“Un minor numero di sensori fornisce meno informazioni decifrabili da decodificare”, spiega Cogan. Per superare questi limiti, Cogan ha deciso di collaborare assieme Jonathan Viventi, collega del Duke Institute for Brain Sciences, il cui laboratorio di ingegneria biomedica è specializzato nella realizzazione di sensori cerebrali ad alta densità, ultrasottili e flessibili. Per la realizzazione del progetto, Viventi e la sua équipe hanno inserito ben 256 microscopici sensori cerebrali in un frammento di grado medicale flessibile, fatto plastica e della dimensione di un francobollo. Poiché i neuroni anche distanti appena un granello di sabbia l’uno dall’altro possono avere schemi di attività molto diversi quando coordinano il discorso, per ottenere previsioni accurate sull’intenzione del discorso, è stato necessario distinguere i segnali provenienti da cellule cerebrali vicine. Una volta fabbricato il nuovo impianto, Cogan e Viventi hanno collaborato con diversi neurochirurghi del Duke University, che hanno contribuito a reclutare quattro soggetti per testare gli impianti.

Il dispositivo è stato testato su 4 persone

L’esperimento prevedeva che i ricercatori inserissero temporaneamente il dispositivo in pazienti che stavano subendo un intervento chirurgico al cervello per altre patologie, come il trattamento della malattia di Parkinson o l’asportazione di un tumore. Il tempo a disposizione di Cogan e della sua squadra per testare il dispositivo in sala operatoria era limitato. “Non volevamo aggiungere altro tempo alla procedura operativa, quindi dovevamo essere dentro e fuori entro 15 minuti”, dice Cogan. “Non appena il chirurgo e l’équipe medica ci hanno autorizzato ci siamo precipitati e siamo entrati in azione”, aggiunge. Il compito consisteva in una semplice attività di ascolto e ripetizione: i partecipanti hanno ascoltato una serie di parole senza senso, come “ava”, “kug” o “vip”, e poi hanno pronunciato ciascuna di esse ad alta voce. Il dispositivo ha registrato l’attività della corteccia motoria vocale di ciascun paziente mentre coordinava i quasi cento muscoli che muovono le labbra, la lingua, la mascella e la laringe.

Il dispositivo è stato accurato tra il 40% e ll’84% dei casi

In seguito, Suseendrakumar Duraivel, primo autore del nuovo studio e studente di ingegneria biomedica alla Duke, ha preso i dati neurali e vocali dalla sala operatoria e li ha inseriti in un algoritmo di apprendimento automatico per verificare quanto fossero accurate le previsioni relative a quale suono veniva emesso, basandosi solo sulle registrazioni dell’attività cerebrale. Per alcuni suoni, come /g/ nella parola “gak”, il decodificatore ha effettuato una predizione esatta l’84% delle volte quando si trattava del primo suono di una stringa di tre che componevano una determinata parola “non sense”. La precisione è, però, scesa quando il decodificatore ha eliminato i suoni nel mezzo o alla fine di una parola. Inoltre, la tecnologia si è stata meno reattiva se due suoni erano simili, come /p/ e /b/. Complessivamente, il decodificatore è stato accurato nel 40% dei casi. Può sembrare un punteggio modesto, ma è piuttosto rilevante se si considera che simili abilità tecniche di brain-to-speech richiedono ore o giorni di dati da cui attingere.

Allo studio una versione del dispositivo senza fili

L’algoritmo di decodifica vocale utilizzato da Duraivel, tuttavia, lavorava con soli 90 secondi di dati vocali provenienti dal test di 15 minuti. Duraivel e i suoi mentori si sono, ora, dichiarati entusiasti di realizzare una versione senza fili del dispositivo grazie a una recente sovvenzione di 2,4 milioni di dollari del National Institutes of Health. “Stiamo sviluppando lo stesso tipo di dispositivo di registrazione, ma senza fili”, evidenzia Cogan. “Sarete in grado di muovervi e non dovrete essere legati a una presa elettrica, il che è davvero entusiasmante”, aggiunge Cogan. Sebbene il loro lavoro sia incoraggiante, c’è ancora molta strada da fare perché la protesi vocale di Viventi e Cogan arrivi presto sul mercato. “Siamo al punto in cui è ancora molto più lento del parlato naturale – specifica Viventi – ma si vede la possibile traiettoria d’arrivo”.

 

Articoli correlati
Sla: studio italiano scopre causa comune con invecchiamento, aperta strada a nuove terapie
L'invecchiamento e le malattie neurodegenerative, come la SLA, hanno una base molecolare comune. A individuarla è uno studio italiano co-coordinato dalle università di Cagliari e Sapienza di Roma e pubblicato su Cell Death and Discovery
di V.A.
Cordoglio di Fondazione AriSLA per la scomparsa di Paolo Annunziato
AriSLA, Fondazione italiana di ricerca sulla SLA, esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Paolo Annunziato, dopo una lunga battaglia contro la SLA. Il Presidente di Fondazione AriSLA, Mario Melazzini, commenta: “Siamo molto grati a Paolo Annunziato per aver voluto mettere al servizio della ricerca scientifica sulla SLA la sua passione e spessore intellettuale, che hanno […]
Nasce la banca dati delle voci per i malati di SLA. Schillaci: «Massimo impegno nella ricerca»
Grazie al progetto promosso da Università Campus Bio-Medico di Roma, Centri Clinici NeMO, Nemo Lab, Translated, Dream On e AISLA ogni persona con SLA potrà accedere a un servizio di Voice Banking per conservare la voce e beneficiare dell’utilizzo della sintesi vocale personale. Sostegno anche dal Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus e dal premier Giorgia Meloni che hanno inviato un videomessaggio
NeMO: importanti informazioni dal sistema immunitario per la cura della SLA
Uno studio internazionale a cui ha preso parte il centro NeMO di Milano ha scoperto, grazie ad una famiglia italiana con diversi membri affetti da SLA con la mutazione della senataxina, il coinvolgimento del sistema immunitario nella diagnosi e nel trattamento della forma genetica rara di SLA di tipo 4
SLA: e se fosse “colpa” dei batteri intestinali?
Individuato, dai microbiologi del Gemelli, in un 69enne affetto da SLA un batterio Gram positivo anaerobio. Il ricercatore: «Il microbiota intestinale potrebbe essere coinvolto nella disfunzione dei linfociti T regolatori che, in pazienti con SLA, sarebbero una concausa di questa patologia multifattoriale. L’obiettivo futuro è cercare di rallentare la progressione della patologia agendo sulla modulazione del microbiota»
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Salute

Sanità Informazione sospende gli aggiornamenti per la pausa natalizia. Grazie e auguri a tutti i lettori!

Sanità Informazione sospende gli aggiornamenti per la pausa natalizia e, ringraziando tutti i suoi lettori, augura a tutti feste serene dando appuntamento al 7 gennaio 2025
Advocacy e Associazioni

Disabilità: ecco tutte le novità in vigore dal 1° Gennaio 2025

L’avvocato Giovanni Paolo Sperti, in un’intervista a Sanità Informazione, spiega quali saranno le novità in tema di legge 104/1992, indennità di accompagnamento e revi...
Advocacy e Associazioni

Natale, successo virale per il video dei ragazzi dell’Istituto Tumori di Milano

Il video di ‘Palle di Natale’ (Smile, It’s Christmas Day), brano scritto e cantato dagli adolescenti del Progetto giovani della Pediatria dell’Int, in sole 24 ore è stat...
Prevenzione

Ecco il nuovo Calendario per la Vita: tutte le vaccinazioni secondo le ultime evidenze scientifiche

Il documento affronta tutti gli strumenti per la prevenzione, dai vaccini contro il COVID-19 agli strumenti per combattere l’RSV, passando per i vaccini coniugati contro lo Pneumococco e quello ...
Advocacy e Associazioni

Amiloidoisi cardiaca: “L’ho scoperta così!”

Nella nuova puntata di The Patient’s Voice, Giovanni Capone, paziente affetto da amiloidosi cardiaca racconta la sua storia e le difficoltà affrontate per arrivare ad una diagnosi certa. ...