La Federico II (Napoli) con una review di 43 studi apre nuovi scenari. A Sanità Informazione parla Annamaria Colao, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (SIE)…
Uomini più propensi a spuntini notturni, cibi grassi e pasti ad orari sballati. Donne più attratte da carboidrati, frutta e verdura, ed inclini ad una maggiore regolarità. La parità dei sessi non si fa certo a tavola, ed anzi, i gusti e le scelte in ambito alimentare sarebbero determinate prevalentemente dal sesso, dall’assetto ormonale e dai cambiamenti fisiologici dello stato riproduttivo (ciclo mestruale e menopausa), piuttosto che da fattori culturali e dal luogo di appartenenza. A evidenziarlo è una review, in corso di pubblicazione, condotta dal Dipartimento di Endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli che ha preso in esame 43 studi in materia effettuati negli ultimi 10 anni.
I dati, oltre a fare luce sulla matrice ormonale e di genere che sottende i comportamenti alimentari, apre nuovi scenari relativamente all’utilizzo e all’efficacia dei farmaci anti-obesità che, a seconda del genere del paziente, agirebbero in maniera molto diversa. Abbiamo approfondito la questione con la professoressa Annamaria Colao, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (SIE) e Ordinario di Endocrinologia Università Federico II di Napoli.
«Abbiamo deciso di mettere a sistema una serie di concetti la cui consequenzialità è evidente, ma sui quali non era stata fatta una riflessione approfondita – dice ai nostri microfoni Colao. Innanzitutto la review suggerisce che gli estrogeni agiscano sui nuclei ipotalamici, che sovraintendono al controllo della fame e della sazietà, attivando il sistema cannabinoide che stimola l’appetito e induce nelle donne il desiderio di cibi ricchi di carboidrati. Gli uomini invece sono più propensi a mangiare cibi ricchi di grassi perché il testosterone attiva un altro sistema che è quello della dopamina, un neurotrasmettitore cerebrale che genera una maggiore sensazione di forza e aggressività. Questo, almeno fino a quando la donna non arriva alla menopausa quando, con il calo degli estrogeni, e le differenze si riducono e tendono ad avere preferenze più simili agli uomini».
Ma ci sono altri fattori, oltre ai gusti alimentari, che entrano in gioco, come la propensione a mangiare in determinati orari. «Per mantenere un peso normale – afferma Colao – è importante sincronizzare il momento dei pasti con il nostro orologio biologico interno, concentrando il consumo dei cibi nella prima parte della giornata quando i livelli di cortisolo sono più alti ed è maggiore la richiesta energetica quotidiana. Secondo la review il 47% delle donne concentra il consumo del cibo nella prima parte della giornata contro il 33% degli uomini. Per la sera invece è il 46% delle donne contro il 63% dei maschi – sottolinea l’esperta -. Le donne tendono dunque ad assecondare l’orologio biologico, con effetti vantaggiosi per il mantenimento di un peso normale. Gli uomini, invece, sono “late eaters” cioè mangiatori notturni quando i livelli di cortisolo sono più bassi. Ciò comporta con conseguenze metaboliche peggiori perché ‘sfasati’ con l’orario biologico e un rischio maggiore di sviluppare obesità, anche perché più inclini delle donne a svegliarsi per consumare spuntini notturni».
Assodato che il genere influenza i gusti alimentari e i livelli di adattamento al ritmo biologico nel consumo dei pasti, per via degli ormoni sessuali che agiscono anche sulla diversa distribuzione del grasso corporeo, è logico aspettarsi significative differenze di genere per quanto riguarda i meccanismi di azione, efficacia ed effetti collaterali dei farmaci antiobesità. «La distribuzione del grasso corporeo nell’uomo e nella donna è diversa – dichiara ai nostri microfoni Colao – e questo significa che anche la biodistribuzione e l’efficacia di ogni farmaco antiobesità sarà diversa. Ad esempio, le molecole che agiscono sull’obesità viscerale hanno una efficacia diversa nell’uomo e nella donna in quanto è l’uomo ad avere più grasso a livello viscerale. E sarà ancora diversa se una donna obesa è in fase fertile o in fase post-menopausale, perché gli estrogeni modificando le proteine leganti, modificano la biodistribuzione. Per questo, bisognerebbe rimodulare protocolli e studi in base al genere. Tra l’altro in questa discussione siamo ancora agli albori riferendoci solo a uomo e donna – conclude – mentre queste questioni sono ancora più impattanti sulle persone transgender che assumono ormoni, e non possiamo più, oggi, ignorare questo aspetto».
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