«Immunizzare contestualmente anche i caregiver. Eventuali effetti collaterali pericolosi per gli anziani? Mai paragonabili al rischio di complicanze dovute al Covid-19»
Sono la fascia di popolazione che ha pagato il prezzo più alto, in termini di vite, dall’inizio della pandemia. Ormai un anno fa. Erano genitori, nonni, bisnonni, erano la memoria storica di intere comunità, che il virus ha spazzato via. Oggi, gli over 80 sono ancora la categoria più a rischio di contrarre l’infezione da Covid-19, di sviluppare una forma severa di malattia tale da richiedere l’ospedalizzazione, spesso in terapia intensiva, e complicanze che possono avere esito fatale. Ecco perché, subito dopo il personale sanitario, i prossimi a venire sottoposti al vaccino anti-Covid saranno loro, gli ultraottantenni. Insieme al Michele Conversano, presidente di HappyAgeing, l’Alleanza Italiana per l’Invecchiamento Attivo, abbiamo approfondito il tema.
«Sicuramente qualsiasi effetto collaterale derivato dalla vaccinazione non sarà mai paragonabile al rischio di complicanze dovute alla malattia. Il rapporto rischi-benefici, in sintesi, è assolutamente a favore del vaccino. Le eventuali controindicazioni sono le stesse di tutti gli altri soggetti, cioè le forme allergiche gravi, su cui bisogna fare molta attenzione. Anche le reazioni che possono manifestarsi nei soggetti anziani sono le stesse che si presentano nelle altre fasce di popolazione, di entità minima: fastidio al braccio nella sede della puntura e febbricola le più comuni, che si presentano comunque in una percentuale ridotta di casi».
«Il livello di adesione e di fiducia è altissimo. In primis perché si tratta di una generazione che ha vissuto sulla propria pelle l’impatto devastante delle malattie infettive prima e il potere “salvifico” delle prime vaccinazioni di massa poi. È una generazione, insomma, che ha fiducia nella scienza e nella ricerca. E questo lo dimostra anche la forte adesione, ogni anno, alle campagne vaccinali antinfluenzali. Dobbiamo poi ricordare che la pandemia ha avuto anche un effetto negativo sulla presa in carico di altre patologie, spesso croniche, legate alla terza età. Una volta che gli ultraottantenni saranno immunizzati, potremo tornare a trattare a regime tutte queste patologie».
«Completare prioritariamente le vaccinazioni nelle residenze per anziani è stato, giustamente, un punto fermo fondamentale. La fase 1 ci ha drammaticamente insegnato che questi sono luoghi dove al rischio delle comorbidità si associa il rischio dovuto alla vita in comunità: situazioni dove il contagio ha vita facile e si innesta su quadri clinici già complessi. Fuori dalle RSA abbiamo poi due categorie di “grandi anziani”: quelli perfettamente autonomi, che potranno effettuare il vaccino negli ambulatori, e quelli non autosufficienti o allettati affiancati da un caregiver. Lì la questione sarà più complessa, anche perché il personale dovrà attendere al domicilio il tempo di osservazione necessario ad evitare reazioni allergiche o, se queste dovessero verificarsi, intervenire. La scarsa maneggevolezza dei vaccini attuali, soprattutto Pfizer, non ci aiuta. Speriamo in quello Astrazeneca, di più facile gestione, ma ancora in fase di studio per quanto riguarda l’efficacia sui pazienti anziani. Quel che è certo è che sarebbe opportuno, in questi casi, vaccinare contestualmente l’anziano e il suo caregiver».
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