A Sanità Informazione il parere di Gabriella Pozzobon, presidente della Società italiana di medicina dell’adolescenza (Sima): «Come per gli adulti, la vaccinazione è consigliata soprattutto agli adolescenti fragili con comorbidità. Ad oggi, i dati a nostra disposizione sui vaccini anti-Covid negli adolescenti sono pochi e la possibilità di trarre conclusioni definitive risulta limitata»
Le agenzie regolatorie europea (EMA) e italiana (AIFA), e prima ancora quella statunitense (FDA), hanno al momento autorizzato solo il vaccino Comirnaty della Pfizer-BioNTech per la fascia dai 12 ai 15 anni (dai 16 anni era già possibile). Anche l’azienda Moderna ha richiesto alla FDA l’autorizzazione all’uso del suo vaccino dai 12 ai 17 anni (finora autorizzato dai 18).
Ma il punto cruciale non è tanto se un adolescente possa vaccinarsi, piuttosto perché dovrebbe farlo? Per fare chiarezza su questo delicato argomento abbiamo chiesto il parere di Gabriella Pozzobon, pediatra presso il Dipartimento Materno-Infantile-Centro di Endocrinologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’IRCCS Ospedale San Raffaele-Università Vita-Salute San Raffaele e presidente della Società italiana di medicina dell’adolescenza (Sima).
«La vaccinazione proteggerebbe non solo dalla malattia da Sars-CoV-2, ma anche dall’infezione: dunque, anche se i minori vanno generalmente incontro a forme non gravi, vaccinarli potrebbe ridurre la circolazione del virus e proteggere gli adulti più vulnerabili», spiega Pozzobon.
Un rientro a scuola in sicurezza a settembre è tra le motivazioni maggiormente caldeggiate tra i sostenitori dei vaccini anti-Covid tra gli adolescenti. Ma tra tutti, anche in questa fascia di età sono i più fragili a dover avere la priorità assoluta: «Vaccinare soprattutto i ragazzi con comorbidità – sottolinea la presidente della Sima – che li rendono più suscettibili a forme gravi di Covid, come malattie croniche, diabete, obesità, tumori, condizioni di immuno-soppressione. Esattamente come tra gli adulti. In Germania, ad esempio, attualmente il vaccino è raccomandato solo agli adolescenti tra i 12 e i 18 anni con malattie pregresse».
Un altro aspetto cruciale è comprendere se bambini e adolescenti siano più a rischio con le nuove varianti: «Viene considerata con attenzione la variante Delta(cosiddetta indiana), attualmente responsabile di oltre il 90% dei nuovi casi di Covid-19 nel Regno Unito, che – chiarisce Pozzobon -, sarebbe più trasmissibile di oltre il 60% rispetto a quella Alpha precedentemente dominante (la cosiddetta variante inglese). Per difendersi da questa variante, è importante che si sia completato il ciclo vaccinale con entrambe le dosi previste».
I genitori che devono acconsentire al vaccino per i propri figli sono ovviamente preoccupati anche dei possibili effetti collaterali: se il Covid ha un basso impatto in termini di gravità nei giovani, il vaccino, per avere un buon rapporto costi-benefici, dovrebbe garantire una certa sicurezza. «Gli studi clinici presentati dalle aziende mostrano sintomi sovrapponibili a quelli delle età successive e non gravi, quali dolore nel sito dell’iniezione, mal di testa, dolori muscolari o articolari, brividi, febbre, stanchezza, nausea – rassicura la pediatra -. Negli Usa, i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) hanno riportato, in un numero molto ridotto di giovani tra i 16 e i 30 anni, miocardite o pericardite dopo la vaccinazione con Pfizer. Anche il ministero della Salute israeliano ha segnalato il rischio di miocardite in un esiguo numero di giovani che hanno ricevuto il vaccino Comirnaty. Casi di miocardite a seguito del vaccino Moderna, invece, sono oggetto di indagine negli Stati Uniti. Non è ancora chiaro – aggiunge l’esperta – se ci sia un legame e quale sia il motivo che, probabilmente, potrebbe risiedere in un eccesso di risposta immunitaria nei soggetti giovani».
«Considerata la disponibilità di dosi di vaccini a mRNA, non ha senso rischiare i pur rari casi di trombosi venosa trombocitopenica (VITT: Vaccine-induced Immune ThromboticThrombocytopenia) segnalati dopo i vaccini Vaxzevria e Janssen, soprattutto in persone under 60 anni e di sesso femminile – sottolinea Pozzobon – . Ad ogni modo, è necessario chiarire comunque che i dati ad oggi a nostra disposizione sui vaccini anti-Covid negli adolescenti sono ancora pochi, su una scarsa numerosità di soggetti e con follow-up di breve durata. Pertanto – conclude la presidente Sima – la possibilità di trarre conclusioni definitive risulta limitata».
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