«Le famiglie da noi non portano nulla poiché l’anagrafe vaccinale è pienamente realizzata. Non può essere questo il sistema per evitare l’applicazione di una norma che finché c’è va applicata», spiega l’assessore intervenendo sulla circolare disposta in materia dal Ministro della Salute Giulia Grillo
«L’autocertificazione come semplificazione delle procedure per le famiglie, nella mia regione, è un tema che non regge: qui l’anagrafe vaccinale è pienamente realizzata e le scuole possono verificare subito quali sono i bambini che non sono in regola con gli adempimenti vaccinali. Abbiamo deciso che queste autocertificazioni le verificheremo tutte e non a campione». Chiaro, netto e preciso il pensiero di Stefania Saccardi, Assessore all’integrazione socio-sanitaria della Regione Toscana sul tema vaccini. Nella sua regione, la Toscana, sembra destinata a incidere poco la circolare del Ministero della Salute e del Ministero dell’Istruzione che permette di autocertificare l’avvenuta vaccinazione del bambino per l’iscrizione, norma contestata dalle opposizioni e da una parte del mondo medico. Abbiamo incontrato l’assessore Saccardi in occasione dell’edizione 2018 degli stati generali dell’assistenza a lungo termine, dove ci ha illustrato anche le soluzioni a supporto della Long Term Care proposte in Toscana.
Assessore, il panorama relativo all’obbligatorietà vaccinale sta cambiando. La circolare del Ministero della Salute consente di presentare un’autocertificazione per l’iscrizione a scuola dei bambini. Lei che cosa ne pensa in qualità di assessore alla Sanità della Regione Toscana?
«Io penso che se si vuole rivedere l’obbligo vaccinale lo si deve fare in modo chiaro e diretto e, quindi, affrontare in modo deciso la revisione della legge. Quando si fa politica ci si assume la responsabilità delle decisioni: se si ritiene che l’obbligo vaccinale – io penso di no – debba essere qualcosa da rivedere si va in Parlamento e si discute. Francamente, diciamo almeno per quello che riguarda la realtà della Regione Toscana, inserire strumenti che hanno il compito di eludere alcune previsioni di legge non mi pare oggi il modo corretto per rispondere a quella che è stata un’emergenza nel nostro paese e che ora comincia a portare dei dati in crescita e aumento. Posso dire che nella Regione Toscana il tema dell’autocertificazione come semplificazione delle procedure – almeno così l’ha descritta il ministro – che riguardano le famiglie è un tema che non regge perché le famiglie da noi non portano assolutamente nulla e non fanno nulla poiché l’anagrafe vaccinale è pienamente realizzata. Non può essere questo il sistema per evitare l’applicazione di una norma che finché c’è va applicata».
Parliamo di soluzioni a supporto della Long Term Care: quali sono le iniziative più significative messe in atto dalla Regione Toscana?
«Stiamo predisponendo il piano regionale della cronicità, mettendo a sistema alcune esperienze che in Regione Toscana partono dal Chronic Care Model e poi si declinano nella sanità d’iniziativa, nell’elaborazione di una delibera che riguarda l’attivazione dell’infermiere di comunità e nella possibilità di gestire le cronicità a livello territoriale in modo integrato, presso le società della salute che coniugano sia le competenze della sanità che quelle sociali. Queste sono tutte quelle tematiche di tipica integrazione sociosanitaria che prevedono anche i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) ai quali abbiamo aggiunto la “s” di sociali. Sono le grandi sfide che dovremmo affrontare nei prossimi anni a fronte di tante problematiche; alcune riusciamo a contenerle, altre meno. La cronicità, ad esempio, è un fenomeno purtroppo in aumento: aumenta il diabete, aumentano le malattie croniche come la BPCO, ormai diventano croniche anche malattie di carattere oncologico e le problematiche di salute mentale e di psichiatria. A nostro parere, anche questi sono percorsi da inserire in una presa in carico che riguarda il tema della cronicità. Queste sono alcune delle cose che abbiamo cominciato a mettere insieme, che si integrano naturalmente con il percorso ospedale-territorio, con tutte le strutture di cure intermedie che abbiamo a bassa intensità assistenziale che stiamo mettendo in piedi e le cure domiciliari integrate che stiamo provando a sperimentare anche utilizzando il fondo sociale europeo in modo innovativo. Abbiamo sistemi di fast track presso gli studi dei medici di medicina generale che consentono al medico di trovare uno specialista di riferimento immediatamente in modo da evitare anche la presa in carico ospedaliera e il pronto soccorso. Nel complesso, posso dire che stiamo provando a strutturare il territorio nella convinzione, condivisa anche con le altre regioni, che la cronicità si affronta meglio se è presa in carico sul territorio e se ha sempre meno bisogno dell’intervento ospedaliero, sia nell’interesse del paziente che del sistema».