Dai dubbi sulla sicurezza alle mutazioni genetiche, dall’inefficacia sulle varianti all’immunità che dura solo poche settimane. Barbara Illi, ricercatrice CNR, smonta ad una ad una le bufale che circolano sul web sui vaccini contro il Covid-19
La somministrazione dei vaccini anti Covid-19 nelle varie regioni italiane procede a macchia di leopardo, ma nelle ultime settimane circolano in rete, sui vari network, blog e siti, bugie, allarmismi e bufale di ogni tipo.
Questo genera confusione e diffidenza sui vaccini anti Covid-19 da parte dei cittadini. Per orientarsi nel mare magnum di informazioni e false notizie bisogna affidarsi alla scienza. Lo abbiamo fatto intervistando la dottoressa Barbara Illi, specializzata in Genetica Medica, ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche e responsabile scientifica del corso FAD “Come nasce un vaccino. Progettazione, sviluppo, sperimentazione e commercializzazione”, proposto dal provider ECM Sanità in-Formazione.
«È vero che sono stati prodotti velocemente ma non è vero che non sono sicuri. L’altra falsità è che la tecnologia dell’RNA messaggero per la produzione dei vaccini sia nuova. Non è vero nemmeno questo, è in sperimentazione da circa un decennio, la si sta testando per il virus zika e per il virus dell’influenza ma può essere utilizzata anche nel trattamento di patologie come la fibrosi cistica. Il fatto di essere stati prodotti così velocemente dipende dalla quantità di soldi che sono stati investiti per la produzione di questi vaccini. Inoltre, c’è da ricordare che è stata fornita un’autorizzazione emergenziale che viene data quando non ci sono alternative disponibili per malattie che causano pericolo di vita. L’autorizzazione, ad ogni modo, si basa comunque sul completamento di tutte le fasi del trial clinico: l’unica che manca è la fase quattro della farmacosorveglianza ma, tuttora, i vaccini che siamo abituati a conoscere da sempre sono sorvegliati dall’Aifa, dall’Ema e dai centri integrati di controllo».
«È pericoloso tanto quanto gli altri farmaci. Un soggetto allergico, soprattutto gli iper-allergici, deve stare molto attento a qualunque cosa mangi e qualunque farmaco ingerisca. Di fatto, la somministrazione del vaccino, qualora si renda necessaria per età o per patologie, deve essere monitorata dal medico».
«Questi vaccini, sia Pfizer che Moderna, proteggono dalla malattia al 95% dei casi. Quello che ancora non si sa, ma che si ipotizza, è se si continua ad essere infettivi o meno. In realtà, però, i dati di Pfizer sugli anticorpi, anche quelli più recenti di Reithera, ci dicono che gli anticorpi neutralizzanti che impediscono l’attacco del virus alle cellule sono in quantità notevole. Si tratta, di fatto, degli anticorpi che impediscono il propagarsi dell’infezione. Per propagarsi, infatti, il virus ha bisogno di replicarsi e se noi siamo schermati da anticorpi che bloccano direttamente l’ingresso del virus nelle cellule questo non si replica e noi non possiamo essere contagiosi. Ad ogni modo, è un’ipotesi da validare.
«No, questo non è vero. L’Rna messaggero si ferma nel citoplasma e questo è il primo motivo per cui il vaccino non può modificare il codice genetico che è nel nucleo. In più, l’Rna messaggero non può essere trasportato dentro il nucleo: quando entra nelle cellule viene letto da una batteria di ribosomi – le macchine che fanno le proteine nelle nostre cellule – e una volta prodotte le proteine viene degradato. Non è possibile che possa entrare nel nucleo e modificare il codice; peraltro, dovrebbe essere copiato in una molecola di Dna perché altrimenti non si può integrare».
«No, questo è falso perché soltanto poche settimane fa è stato pubblicato il lavoro su Science Immunology che ha monitorato i malati di Covid a partire da aprile. In questo studio enorme che ha valutato migliaia di pazienti in diversi ospedali è stato osservato che gli anticorpi sono stati rilevati fino a otto mesi dalla malattia ma soprattutto sono state individuate finalmente le cellule di memoria, quei particolari linfociti B che una volta che l’infezione è fondamentalmente conclusa rimangono dormienti ma si riattivano una volta che incontriamo l’antigene. Questo dovrebbe farci ben sperare che non si possa essere reinfettati».
«In questo momento no, sia il vaccino Pfizer che Moderna codificano e producono la proteina spike; le varianti che sono state individuate invece colpiscono porzioni particolari della proteina. Di fatto, il sito maggiore che muta è il dominio di legame, la regione di spike che lega il recettore delle nostre cellule ACE2, ma gli anticorpi vedono anche altre porzioni della proteina. Il fatto che i vaccini possano essere inefficaci su queste varianti è improbabile».
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