In audizione in Commissione Sanità al Senato, l’immunologa Antonella Viola ha messo in guardia sulla variante sudafricana. Poi ha sottolineato: «Per arrivare a vaccinare 38 milioni di italiani entro il 2021 dobbiamo vaccinare 220 mila persone al giorno. Essenziale velocità e coinvolgere i medici di medicina generale»
«La variante inglese viene riconosciuta dal vaccino, quella sudafricana ha una mutazione in più e non sappiamo se gli anticorpi neutralizzanti la riconoscono». Sono parole preoccupanti quelle che giungono da Antonella Viola, immunologa spesso presente nei talk show televisivi, professoressa ordinaria di Patologia del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e Direttore scientifico dell’Istituto di ricerca pediatrica presso la Fondazione Città della Speranza onlus di Padova. Oggi la professoressa Viola era in audizione presso la Commissione Sanità del Senato e ha ricevuto un plauso bipartisan dai componenti della Commissione per la sua attività di divulgazione televisiva.
Viola sottolinea come i numeri della campagna di vaccinazione siano ancora troppo bassi: «Per arrivare a vaccinare 38 milioni di italiani, il 63% della popolazione, entro il 2021 con le dosi Pfizer e Moderna dobbiamo vaccinare 220 mila persone al giorno. Non è prioritario ottenere altri vaccini specie se con efficacia minore. Ma è essenziale la velocità e coinvolgere i medici di medicina generale».
La professoressa dell’Università di Padova interviene poi sul tema dell’immunità di gregge, che un vaccino come quello di Astrazeneca potrebbe non garantire: «La Fda sotto il 50% non prende in considerazione un vaccino. Ora abbiamo due vaccini che funzionano al 95%: se andassimo a inserire un vaccino con efficacia più bassa si porrebbe il problema dell’impossibilità di raggiungere una protezione completa della popolazione. E poi c’è un problema etico. Potremmo darlo alle persone più giovani ma questo problema si porrebbe solo se ci fosse carenza di dosi».
Occorre poi, secondo Viola, un sistema di sorveglianza all’altezza per vincere la battaglia: «Bisogna capire nel tempo l’efficacia della vaccinazione, in particolare negli immunocompromessi, la raccolta standardizzata dei campioni di sangue nei centri vaccinali e lo studio delle varianti».
Viola tranquillizza sulle vaccinazioni in allattamento. «Non abbiamo dati dal trial clinico però non c’è nessuna ragione di ritenere che ci sia un rischio», mentre in gravidanza «bisogna valutare caso per caso».
Sull’ipotesi rilanciata negli ultimi giorni anche dal professor Remuzzi di andare avanti con le vaccinazioni e rinviare il secondo dosaggio, Viola sembra scettica: «La prima dose protegge ma non è chiaro con quale percentuale. E non è chiaro quanto si mantenga l’efficacia. Non possiamo modificare il protocollo per questo motivo».
Anche le vaccinazioni prioritarie agli adolescenti non convincono la professoressa: «Vaccinare gli adolescenti ora non è la priorità ma lo è svuotare gli ospedali e tornare ad una vita normale. La strada giusta per programmare le vaccinazioni non è quella di identificare delle categorie da vaccinare in base al lavoro che fanno ma proteggere dallo sviluppo della malattia chi è più fragile. Se poi capiamo che il vaccino produce una protezione dell’infezione si potrebbe rivalutare la situazione e cambiare le priorità». Viola poi rilancia l’idea di unità mobili di vaccinazione per raggiungere i pazienti fragili.
Infine, ha ricordato l’importanza del fattore tempo nella vaccinazione: «È essenziale ma bisogna vaccinare in tutto il mondo. Se in altri paesi il virus corre potrebbero generarsi varianti non più riconosciute dagli anticorpi generati dal vaccino».
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