Quanto dura l’immunità? Perché sul 10% del campione non funziona? Anziani e bambini hanno una risposta soddisfacente? Le questioni sul vaccino Pfizer-BionTech
Da qualche giorno il mondo ha una speranza in più. Il vaccino contro Covid-19 che l’americana Pfizer sta sviluppando ha mostrato un’efficacia del 90% nei primi dati di fase 3. È il primo prodotto che arriva a questo risultato tra gli studi globali e, se confermato, le prime dosi potrebbero essere pronte per fine anno. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato la vicinissima firma di un contratto con Pfizer/BionTech per 300 milioni di dosi da destinare all’Europa.
Nonostante ci siano ampi margini per essere ottimisti, ricorda il Guardian, ci sono ancora delle incognite da analizzare. Ecco le risposte ad alcuni dei dubbi più comuni.
Non si sono presentate per ora «gravi preoccupazioni di sicurezza», ma i dati non sono ancora completi. L’azienda ha rilasciato commenti su alcuni effetti collaterali già notati, come febbre e dolore nel punto dell’iniezione, specie nei soggetti più giovani. Secondo un professore dell’Università dell’East Anglie, Paul Hunter, qualcuno potrebbe essere allergico ad alcuni componenti del vaccino, in quanto è stato creato con una tecnologia basata sull’mRNA, usando quindi il codice genetico del virus, mai usata finora sugli esseri umani.
Hunter ha spiegato che per ora c’è certezza che il vaccino riesca a fermare l’infezione sintomatica clinica, ma è ancora incerto il suo effetto sugli asintomatici. Ma il team è fiducioso sulla possibilità di scoprirlo con l’avanzare degli ultimi dati. In ogni caso, il fatto che i sintomi vengano bloccati dal vaccino protegge certamente anche dalle forme gravi.
L’efficacia al 90% è stato un dato tratto a sette giorni dalla seconda iniezione nei volontari, ma i risultati potrebbero ovviamente cambiare con la raccolta dei dati su lungo termine.
In generale, per accertare la durata della protezione, saranno necessari studi di follow-up per rilevare i livelli di entrambi i tipi di risposte immunitarie – sia anticorpi che T cell – nonché eventuali rischi di esposizione ripetuta.